L’acqua di Parma costa cara e la rete è un colabrodo

L’acqua di Parma costa cara e la rete è un colabrodo

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Una famiglia residente in Emilia Romagna nel 2015 ha speso in media 460 euro per l’acqua. Lo sostiene l’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, secondo il quale l’Emilia Romagna è quarta in Italia (dopo Toscana, Marche, Umbria) per il caro-acqua. Fra i capoluoghi di provincia, le città più care si confermano essere le toscane: Grosseto e Siena con 663 euro prendono il posto occupato nel 2014 da Firenze, seguono Livorno (628 euro), Pisa (621), Carrara (609 euro). Isernia si conferma come città meno cara (117 euro contro i 120 dell’anno precedente); segue Milano con i suoi 140 euro (ed un aumento del 3%).

I parmigiani, in particolare, pagano una bolletta più pesante rispetto alla media regionale, ben 479 euro, ma nulla a che vedere con i 523 euro che i ravennati sono costretti a sborsare. E per la verità nulla a che vedere anche con i 373 euro spesi dai bolognesi che, insieme ai piacentini, risparmiano moltissimo rispetto a tutti gli altri emiliano-romagnoli.

Oltre all’importo medio in bolletta, però, a far riflettere sono le percentuali contenute nell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, secondo le quali a Parma rispetto al 2014 c’è stato un aumento del 6,7% e addirittura dell’86,4% dal 2007 a oggi. In nessun’altra provincia si registra un incremento così alto della bolletta dell’acqua.

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Sulla dispersione idrica lungo la rete, la regione registra un risultato migliore rispetto alla media nazionale: 26% rispetto al 33%. Piacenza la più virtuosa con solo l’8% di acqua sprecata, mentre a Parma si arriva al 39% ed è la provincia in cui si spreca di più l’acqua. Nel 2007 la percentuale era già al 32%, sempre la più alta in regione, dando di fatto l’impressione che l’acquedotto sia in realtà un colabrodo.

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