Guanti e mascherine, come gestire i rifiuti sanitari in aumento

Guanti e mascherine, come gestire i rifiuti sanitari in aumento

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L’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19, il nome tecnico del tipo di coronavirus, ha portato con sé tutta una serie di problematiche che siamo tutti chiamati ad affrontare.

Una tra queste è lo smaltimento dei rifiuti sanitari, attualmente rappresentati in larga parte dal materiale medico utilizzato per l’analisi dei pazienti. Basti pensare alle parole di Andrea Giustini, presidenti di Eco Eridiana, azienda specializzata nello smaltimento dei rifiuti sanitari. Intervistato da Repubblica dice: “Fra tamponi faringei, guanti in lattice e mascherine nell’ultima settimana sono aumentati del 20% i rifiuti ospedalieri a rischio infettivo”.

 

L’azienda si occupa della metà di questi rifiuti speciali, per fortuna la situazione appare ancora sotto controllo e in più, come emerge dall’articolo in questione, questi possono essere riconvertiti in energia tramite il passaggio nei termovalorizzatori.

 

Ciò nonostante il problema resta: i rifiuti sanitari sono aumentati, e di molto. Il problema non riguarda solo le grandi strutture ospedaliere ma anche gli studi dei medici di famiglia, i piccoli ambulatori, non ultimi coloro che stanno affrontando il virus in isolamento presso il proprio domicilio.

Cosa dice la legge?

Il regolamento recante la disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma è stato varato con il D.P.M. n.254  del 15 luglio 2003. Le finalità riguardano la tutela dell’ambiente e della salute pubblica, quindi l’obiettivo è una gestione virtuosa di questi rifiuti in modo da diminuirne la pericolosità, favorirne il reimpiego, facilitarne raccolta, trasporto e smaltimento. Pertanto vengono fornite delle nozione tecniche sul trattamento e, infine, fatto un elenco dei rifiuti in questione che sono:

– i rifiuti sanitari non pericolosi;
– i rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani;
– i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo;
– i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo;
– i  rifiuti  sanitari  che  richiedono particolari modalità di
smaltimento;
– i  rifiuti da esumazioni e da estumulazioni, nonché i rifiuti derivanti  da altre attività cimiteriali, esclusi i rifiuti vegetali provenienti da aree cimiteriali;
– i  rifiuti  speciali,  prodotti  al  di  fuori delle strutture sanitarie,  che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo, con l’esclusione degli assorbenti igienici.
Come devono comportarsi gli studi medici?

La risposta è piuttosto semplice: come è stato fatto finora, al meglio delle proprie possibilità. Anche prima del COVID-19 il trattamento di certi rifiuti non era equiparabile agli altri. Certo in questo caso non stiamo parlando dello smaltimento di siringhe o altri strumenti usa e getta, ma di un gran numero di guanti e mascherine che normalmente sarebbero state gettate nel pattume comune.

Riguardo la gestione di questi rifiuti sanitari la norma non differisce rispetto al passato. Già durante il virus influenzale AH1N1v del 2009 il Ministero della Salute chiedeva ai medici di lavare le mani ogni volta prima di togliere la mascherina o il respiratore, e di smaltire mascherina o respiratore usati nella pattumiera. Il tutto con cruciale attenzione a evitare il contatto di questi strumenti con i pazienti.

Il punto però resta lo stesso: il numero di mascherine usate è molto superiore alla norma, ammassarne tante nella pattumiera comune rischia di non essere la pratica più sicura. Pertanto la soluzione più idonea è quella di utilizzare contenitori in cartone monouso che possano essere riempiti e smaltiti senza aver bisogno di procedure complicate o rischiose: quando è colmo la scatola si sigilla e si getta.

Per chiarire meglio di che tipo di oggetto stiamo parlando si può fare riferimento a questa esaustiva pagina di presentazione, sul sito di un’azienda specializzata nella produzione di contenitori destinati alla raccolta di rifiuti speciali pericolosi e non, tra cui ovviamente rientrano quelli a rischio biologico e infettivo. Si tratta di una scatola di cartone ondulato, può contenere 7 chili di rifiuti e, ovviamente, è perfettamente a norma. All’interno il contenitore è rivestito da un sacco in PE polietilene con laccio in nylon autoserrante per la chiusura irreversibile. All’esterno ci sono dei manici ottenuti in fase di fustellatura che ne rendono semplice e sicuro il trasporto, oltre a una chiara scritta che segnala l’entità del rifiuto. Una soluzione pulita e pratica per gettare un gran numero di mascherine e guanti potenzialmente infetti.

Isolamento forzato: stop alla differenziata

Chi si trova a dover combattere il virus in casa propria vive in una condizione di incertezza piuttosto pesante. Per queste persone il Ministero ha redatto delle linee guida su come smaltire i rifiuti prodotti. In questo caso per rifiuti non intendiamo solo mascherine e guanti, ma tutti i rifiuti in generale: dagli scarti di cibo alle bottiglie di plastica.

Il vademecum governativo si sofferma soprattutto su un punto: non differenziare i rifiuti.

Può sembrare controintuitivo ma quei rifiuti sono da considerare tutti potenzialmente infetti, pertanto devono essere tutti raccolti in uno stesso posto. Il consiglio dato è quello di usare più di un sacchetto incastrato dentro l’altro e prediligere una pattumiera a pedale che si apra solo quando necessario. Una volta riempito il sacchetto basta chiuderlo e gettarlo nel cassone dell’indifferenziata. Ultima accortezza è quella di non fare avvicinare gli animali domestici al sacchetto.

Infine c’è chi è in quarantena non forzata, la maggior parte delle persone, per cui invece la regola del non differenziare non vale. Tutto resta come prima: differenziamo ogni tipo di rifiuto. Mascherine e guanti vanno nell’indifferenziato, così come i fazzoletti che utilizziamo per soffiarci il naso.

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