Prosegue in Commissione Ambiente della Camera dei Deputati la discussione della proposta di legge riguardante i princìpi per la tutela e la gestione pubblica delle acque, nel quadro della ripubblicizzazione del servizio idrico. La legge prevede la gestione del servizio idrico attraverso soggetti di diritto pubblico, aziende speciali o consorzi, la partecipazione attiva della cittadinanza e dei lavoratori nella sua gestione.
Nel giugno del 2011, 27 milioni di italiani si schierarono apertamente per l’acqua pubblica. Un referendum spesso osteggiato, che sancì per la prima volta nella storia l’importanza della comunicazione attraverso i social media. Essi emettevano sorprendentemente i primi vagiti di quello che sarebbe stato il leit motiv degli anni successivi, ossia una mobilitazione virtuale che si poteva trasformare in reale: i temi erano molto sentiti nella coscienza civica degli italiani, la partecipazione fu ampia considerato il periodo, sfiorando il 60% degli aventi diritto ed il risultato ancora più schiacciante, con il 96% dei votanti che si espresse a favore dell’abrogazione del Decreto Ronchi del 2009, successivo al Decreto Legge 112 del 2008 di Tremonti.
Alla data della presentazione della proposta di legge, nel 2014, però nulla era cambiato: l’Italia, da nord a sud, appariva come un mosaico di situazioni differenti. I comitati per l’acqua pubblica hanno iniziato la loro vera battaglia una volta che le urne avevano sancito quel risultato, molte amministrazioni infatti lo ignoravano facendolo rimanere lettera morta. Dopo numerosi rinvii dal 2014, il 15 marzo il Governo ha dato parere favorevole a un emendamento a firma dell’Onorevole Borghi (PD): esso stralcia l’articolo che avrebbe permesso l’applicazione del referendum del 2011, che ripubblicizzava la gestione dell’acqua e le infrastrutture dei servizi idrici.
Persino Matteo Renzi, all’epoca sindaco di Firenze, annunciava il suo sì per la consultazione popolare, proponendo anche che il Comune di Firenze riacquistasse una quota pari al 40% di Publiacqua, società che gestiva il servizio idrico cittadino. Adesso, lui e il Partito Democratico hanno cambiato idea, riconsegnando il bene pubblico principale a chi vuole lucrarci, in quanto resta in vigore la possibilità per i privati di entrare nella gestione del servizio. Tutto questo rappresenta un vero e proprio tradimento della volontà popolare ed è l’ennesima giravolta del Presidente del Consiglio rispetto a idee espresse in precedenza.
Io stesso, ai tempi della mia passata attività presso la Camera dei Deputati, sono stato relatore della proposta di legge popolare che prevedeva la ripubblicizzazione del servizio idrico: essa contava oltre 400.000 firme a sostegno. Cosa ha fatto cambiare idea al partito di maggioranza che mise il cappello anche in maniera ambigua a quelle consultazioni? Si mostra ancora una volta la subalternità alle lobby e il sempre minore interesse alla salvaguardia dei diritti dei cittadini e dei beni comuni? La mia battaglia è chiara: il mercato deve rimanere fuori dal bene comune per eccellenza, così come fuori dall’acqua devono rimanere i profitti. L’architrave della legge non può essere cancellato, perché avverrebbe ai danni di una questione molto delicata e soprattutto contro la volontà popolare che ha sfiorato l’unanimità.
Borghi nega le accuse e afferma di essere vittima del solito show mediatico, ma è chiaro che questa maggioranza abusiva giochi anche sull’equivoco: il deputato democratico afferma di non si vuole privatizzare l’acqua ma in buona sostanza vengono privatizzate le tubature, quindi la gestione. Dopo il taglio dei diritti dei lavoratori, le leggi per le banche e i loro amministratori a discapito dei risparmiatori, i tagli alla sanità e lo stravolgimento della Costituzione, si arriva alla fonte della vita, a un patrimonio che la nostra fortunata geologia ci ha regalato. L’acqua non è una merce, non è vendibile e non può essere a discrezione di chi se ne è appropriato, oltretutto a prezzi di concessione risibili.
Da cristiano considero l’acqua un bene di Dio e un diritto di tutti: è per questo che la battaglia necessita della trasversalità della politica tutta, da destra a sinistra, e deve essere portata avanti sia da credenti che da laici.
Per Renzi, 27 milioni di italiani non hanno parlato. Io credo che questa volta non riuscirà a farci bere l’ennesima bugia che prontamente verrà confezionata ad arte.
Domenico Scilipoti Isgrò
Senatore