E’ stato gettato oggi al Festival dello Sviluppo Sostenibile in corso a Parma, il primo seme che dovrà portare alla nascita di un biodistretto nella Food Valley. Al dibattito organizzato dal gruppo Mercatiamo hanno preso parte diversi agricoltori biologici del parmense e amministratori venuti ad interloquire con gli esperti di Aiab e Legambiente.
Antonio Lo Fiego, presidente Aiab Emilia-Romagna ha introdotto il tema rimarcando che “oggi non esistono in regione bio-distretti. Dobbiamo colmare questa lacuna. Ci stiamo lavorando, in due zone: una in pedemontana bolognese, in zona Vergato Monte S. Pietro; l’altro è nel medio-alto Panaro da Bazzano, Vignola fino a Fanano e Sestola. Il biodistretto è una risposta forte per i produttori, piccoli e medi. Può favorire anche agricoltori non certificati biologici ma che si attengono a pratiche e programma di un sistema di garanzia partecipativa”.
Alessandro Triantafyllidis, del biodistretto Val di Vara, in provincia di La Spezia, responsabile nazionale biodistretti Aiab, ha sottolineato che questo “è un tema diventato alla moda e piace tanto perché è inteso come un bene collettivo della comunità a differenza del classico distretto economico. Un Biodistretto è un patto per lo sviluppo del territorio, tra amministrazioni e agricoltori in sinergia con altri settori produttivi, turismo, forestazione e con la popolazione. Per dare identità a sviluppo territorio. Essere una vallata, un parco, una docg (come il biodistretto Chianti) è un fattore che favorisce la creazione del biodistretto. Se si è in tanti si possono fare economia di scala ma anche ecologia di scala, si incide parecchio su biodiversità. Oggi in Italia sono oltre 20 i biodistretti”.
Triantafyllidis ha poi presentato l’esperienza del biodistretto Val di Vara che, nei fatti, ha salvato una valle dallo spopolamento: “Il risultato positivo per la Val di Vara è stato abbracciare biologico, merito di un sindaco che anni fa ha fortemente voluto questa realtà che oggi presenta 96 aziende con 55% superficie certificata biologica, certo un’agricoltura molto semplice, pascoli e castagneti che però ha permesso di mantenere, unica zona in appennino ligure, la presenza di stalle con produzione di latte e carne“.
Beppe Croce di Legambiente ha parlato positivamente delle esperienze dei biodistretti di Fiesole, dove “si monitora la mosca dell’ulivo, con effetti di prevenzione utili per tutti” e della Franciacorta “con le aziende vinicole biologiche che stanno raggiungendo il 66%, 3.000 ettari in totale ma attorno vi sono ancora 6.000 ettari seminativi tradizionale”.
Sono quindi intervenuti agricoltori parmensi, Gian Maria Cunial di Neviano, Tino Brugnoli storico primo produttore di parmigiano-reggiano biologico, Federico Rolleri, coltivatore in Alta Val Ceno che si sono detti pronti “ad avviare una sperimentazione” e interrogandosi sul “ruolo della città di Parma, che è passivo. Non produce bio, ma ci sono utenti, ristoratori, commercianti da coinvolgere”.
Sebastiano Pizzigalli, consigliere comunale delegato all’agricoltura ha ricordato come sia “in fase embrionale un parco agricolo peri-urbano di 3.000 ettari intorno alla città dove incentiveremo sostenibilità ambientale”, mentre Alessandro Garbasi, sindaco di Neviano Arduini ha esplicitato: “Ci candidiamo ad essere biodistretto, con la storia alle spalle dell’oasi nevianese. Tema è capire se avere molti biodistretti oppure pochi e più grandi. Dipende da cosa può portare maggior reddito e non solo avere un’iniziativa bella”.
Nicola Dall’Olio, dell’assessorato regionale all’Agricoltura, è intervenuto per sottolineare come, “in Emilia-Romagna nel 2018 arriveremo a 150.000 ettari di biologico che corrispondono a 15% superficie agricola utilizzata. E Parma è prima per biologico coltivato, 24.000 ettari, e ci sono anche grandi aziende, con la filiera dei grani e molitura bio, penso al Molino Grassi che dà grandi riscontri”.