Il Garante è un organo di garanzia che, in ambito penitenziario, ha funzioni di tutela delle persone private o limitate della libertà personale. Le funzioni di tali figure, di livello regionale o provinciale, sono per lo più definite dai relativi atti istitutivi e attengo alla ricezione di segnalazioni sul mancato rispetto della normativa penitenziaria, sui diritti dei detenuti eventualmente violati o parzialmente attuati e si rivolgono all’autorità competente per chiedere chiarimenti o spiegazioni, sollecitando gli adempimenti o le azioni necessarie. Il loro operato si differenzia pertanto nettamente, per natura e funzione, da quello degli organi di ispezione amministrativa interna e della stessa magistratura di sorveglianza.
Se è pacifico il contenuto della definizione di cui sopra (mutuata dal sito www.ristretti.it) v’è da interrogarsi sul senso del comunicato diffuso in data 18 marzo dal Garante dei detenuti del Comune di Parma che, con una rocambolesca ricostruzione dei dati, arditamente afferma “Carcere di Parma eventi critici non destano allarme” perché secondo l’autorevole firmatario del documento in questione “gli eventi critici dal 1 gennaio di quest’anno ad oggi e che riguardano fatti di violenza, oltraggio, aggressione fisica, minaccia, ingiuria e resistenza da parte dei detenuti verso il personale della Polizia penitenziaria sono in tutto 5 dei quali 3 agiti dallo stesso detenuto autore dell’incendio nella cella”.
Ebbene, cosa mai saranno 5 “fatti di violenza” a fronte di una popolazione di 530 detenuti? Di fronte a tali affermazioni si mescolano sentimenti di incredulità e stupore e con malcelata ironia vorremmo rispondere all’esimio Garante, la cui perorazione della causa parmense appare un tantino fuori luogo, che in quei cinque fatti di violenza si è messa a rischio l’incolumità del personale di Polizia Penitenziaria che noi rappresentiamo; e fosse anche uno l’episodio di violenza è nostro dovere denunciarlo e agire affinché l’Amministrazione Penitenziaria (unico nostro interlocutore) assuma tutte le iniziative utili al superamento delle problematiche. È inammissibile che si parli di “rischio professionale” quando in gioco c’è la salute dei colleghi poliziotti ed è’ fuori luogo l’atto diffuso (che ha l’ardire di sconfessare la denuncia del Si.N.A.P.Pe) perché oltrepassa funzioni e competenze rivestendosi, dunque, delle caratteristiche di un pensiero personale (e dunque non istituzionale), per giunta non richiesto! E se per il Garante, l’istituto penitenziario di Parma “può essere considerato un luogo sicuro nonostante le sue complessità” lo stesso non può dirsi per questa Organizzazione Sindacale che continuerà a denunciare tutti gli eventi critici fino a completa risoluzione delle problematiche, lavorando affinché effettivamente si giunga ad operare in un “luogo sicuro nonostante le sue complessità”.
Ma qual è la strada per il raggiungimento di questo obiettivo? A dire dell’illustre figura professionale ci sembra di capire che la sicurezza passi attraverso una gestione dei detenuti che ponga al centro le sanzioni disciplinari (citazione testuale) “Il detenuto, sfollato da diversi penitenziari per motivi disciplinari, ha perseverato nel suo comportamento appiccando il fuoco ad un materasso a corredo della cella generando così un evento pericoloso senza però alcuna conseguenza se non per la cella che risulta essere ora inagibile. Questi atti rientrano tra i rischi possibili in un carcere soprattutto quando ospita detenuti che, come in questo caso, non rispettano le regole del carcere e risultano essere di complessa gestione. L’auspicio è che il Provveditorato regionale della giustizia porti rapidamente a compimento la messa a norma delle celle di isolamento disciplinare e sanitario che in questi casi possono offrire una migliore gestione dei casi critici.” In qualità di rappresentante dei lavoratori di certo non tocca a noi esprimere pareri di sorta sulle linee “rieducative” su cui il Garante impronta la propria filosofia, ma di certo non si può tacere perplessità e sconcerto quando tali parole sono proferite da chi per istituzione è chiamato a garantire i diritti dei reclusi. L’idea, come detto in incipit, è che vi sia un po’ di confusione su ruoli e funzioni che si traduce in inammissibili invasioni di campo.
La Segreteria Generale Si.N.A.P.Pe