I record di Parma Gestione Entrate e i silenzi del Comune

I record di Parma Gestione Entrate e i silenzi del Comune

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Le ultime testimonianze sul caso di Parma Gestione Entrate, società partecipata del comune che si occupa della riscossione di tributi e sanzioni, appaiono veramente stupefacenti. Un ex-dipendente licenziato racconta che in due ore si arrivava a notificare “anche 250 atti”, nonostante la quasi totale assenza dei destinatari. Con la media di due notifiche al minuto i recordmen di PGE potrebbero competere con Superman. Siamo quindi di fronte a supereroi – e allora impieghiamoli anche nella lotta al crimine tristemente in ascesa in città nella generale decadenza stile impero post 476 D.C., come hanno ricordato di recente alcuni rappresentanti dell’imprenditoria e della cultura di Parma improvvisamente risvegliatisi – oppure è tutta una frottola per non addetti ai lavori. In aggiunta cifre incassate e da incassare sembrerebbero essere state “archiviate” per anni su fogli excel, che, essendo un semplice strumento di calcolo e non un programma protetto, potevano essere manomessi da chiunque.

Il tutto viene riconfermato dalle dichiarazioni di due testimoni sulle presunte irregolarità di PGE, per le quali da Marzo 2016 stanno indagando la Procura di Parma, la Guardia di Finanza e la Polizia, con le conseguenti emissioni di avvisi di garanzia per falso, peculato ed usura per gli ex vertici della società, che si sono tutti dimessi.

Ma i messi andavano davvero casa per casa per notificare gli atti o qualcuno dentro PGE o altrove apponeva firme false attestando un’attività di notificazione in realtà mai condotta? Sembra che numerosi messi abbiano disconosciuto le loro firme sugli atti, e che alcuni non avessero neppure il titolo per notificare. E poi saltano fuori notifiche firmate per ricevuta quando in casa non c’era nessuno, firme false forse copiate da documenti d’identità a cui qualcuno aveva accesso, oppure firme dell’ufficiale notificatore assente, sostituite da una sigla.

Una cosa comunque è certa: il Comune di Parma finora ha sempre assolutamente difeso l’operato di PGE, il cui presidente, Enrico Tosi, era stato scelto in passato sulla base di una valutazione fiduciaria. Le ragioni della scelta il sindaco non sembra averle mai spiegate, e gli amministratori di PGE, spesso convocati in commissione consiliare, non si sono mai resi disponibili.

Per essersi fatto ripetutamente vanto di avere il primato di amministrazione trasparente, il comune dell’era pizzarottesca non se la cava male! In linea con tanta efficienza, di recente il sindaco ha detto la sua sul M5S che non riesce “a controllare i rendiconti di cento parlamentari”, sui quali “era noto” si facevano poche verifiche, glissando sul fatto che il comune che rappresenta lui in 6 anni non sembra essere stato in grado di controllare quanti amministratori di PGE? 7, 10 o 15? E se tutto questo gli “era noto”, viene da chiedersi perché prima non ne abbia mai parlato. Si sa che il parlar chiaro è dote da usare con parsimonia, ma se il sindaco elargisse un po’ del suo sapere ai cittadini non farebbe cosa auspicabile, oltre che giusta? Il MoVimento 5 Stelle è stato da sempre contrario ad ogni forma di riscossione effettuata attraverso S.p.A come Equitalia, il cui unico scopo è ricavare profitto dallo sfruttamento finanziario di cittadini e imprese. Il modus operandi di PGE è per certi aspetti peggiore di quello di Equitalia, perché, come spiegato da alcune testate, ha applicato per anni un aggio del 17% – superiore a quello stabilito dalla legge – senza l’autorizzazione a riscuotere.

Parma 5 Stelle, il gruppo locale che fa capo al Movimento, ha spesso invitato il comune a gettare alle ortiche PGE, in linea con il programma elettorale del M5S locale e nazionale, e con le indicazioni sull’eccessivo numero di società partecipate comunali. Lo stesso ex Commissario Straordinario Ciclosi consigliava, nella sua relazione conclusiva nel 2012, la neonata amministrazione Pizzarotti di regolarizzare la posizione di PGE.

La risposta del Comune di Parma agli inviti ricevuti e alle rimostranze dei cittadini vessati è stata dapprima la difesa ad oltranza, con minacce di denunce per diffamazione annunciate dal sindaco

e dall’ex-assessore Ferretti, e successivamente, con l’incarico di controllo su eventuali irregolarità nello svolgimento di una funzione pubblica ad una società privata straniera, la Price Waterhouse Coopers, la cui preziosa relazione è costato € 50.000. Per sapere cosa avveniva in PGE bastava leggere gli articoli di alcuni quotidiani locali, e far risparmiare alla cittadinanza i costi della consulenza. E anche su questo corto circuito istituzionale che ha del grottesco il sindaco glissa.

Sia chiaro: la partecipata PGE è stata voluta da amministrazioni che hanno preceduto quella attuale, dalle quali amministratori a 5 Stelle avrebbero dovuto prendere le distanze fin da subito, come più volte invitati a fare. Un’altra storia strana della giunta Pizzarotti, responsabile di una politica distratta, e alla fine inefficiente.

Nell’Ottobre 2016 l’allora deputata del M5S Maria Edera Spadoni, attualmente vicepresidente della Camera dei deputati, aveva presentato un’interrogazione proprio alla Camera sul caso PGE, sottolineando come le denunce sulle lampanti assurdità nella procedura delle notifiche delle sanzioni erano nel limbo, in attesa di “una spiegazione chiara e definita”. Arrivati a questo punto i casi di notifiche patacca potrebbero essere diverse migliaia – basti pensare alle 250 fatte pervenire in 2 ore! – e ammontare a milioni di euro di sanzioni che necessitano di controllo e approfondimento. A due anni dall’avvio delle indagini e ad un anno e mezzo dall’interrogazione di Spadoni stiamo ancora aspettando la risoluzione del caso; abbiamo constatato che le glissate non sono certo d’aiuto nella ricerca della verità, e l’impressione generale è che i tempi di reazione non sono da recordmen, ma da bradipi.

Alessandro Guardamagna

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