Più di 1400 donne attualmente aiutate, di diversa nazionalità ma con una notevole crescita delle ragazze italiane in giovane età. E’ quello per cui quotidianamente si lavora al Centro di Aiuto alla Vita di Parma. Donne in difficoltà che si trovano ad affrontare una gravidanza difficile, ragazze con bambini a cui, per svariati motivi, manca quell’appoggio familiare di cui nel momento dell’attesa tutte hanno bisogno.
Il Centro nasce nel 1975, grazie ad un gruppo di donne che si propongono di fornire sostegno alle mamme in difficoltà, per lo più economica, e di operare al fine di promuovere la vita, cercando di rimuovere quegli ostacoli che possono impedire la nascita di un bimbo. Far capire alle donne che non erano sole, che avevano la possibilità di scegliere in relazione alla loro stessa gravidanza.
“Quarant’anni fa le donne che si rivolgevano al Centro si contavano sulle dita di una mano, ed erano tutte italiane – spiega Maria Bertoluzzi, presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Parma (nella foto) –. Si rivolgevano a noi più per motivi economici, perché non avevano i soldi per comprare un passeggino o un fasciatoio. In quarant’anni, però, di strada ne è stata fatta tanta”
Le donne che attualmente il Centro aiuta sono, infatti, più di 1400 e di varie nazionalità, seppur il numero delle ragazze italiane sia in costante crescita. Le straniere sono soprattutto giovani nord-africane, in particolare nigeriane e della Costa d’Avorio.
“L’Italia è al quarto posto tra le nazionalità sostenute dal nostro centro – continua Maria Bertoluzzi – e si tratta nella maggior parte dei casi di ragazze a cui manca una rete, giovani che non hanno una famiglia né degli amici, persone con delle carenze molto impegnative e che si ritrovano perciò a vivere una condizione di grosso disagio. La povertà non è più il problema primario, come era invece in passato, per cui ci si rivolge a questo centro”.
Al Centro di Aiuto alla Vita, inoltre, si rivolgono anche molte ragazze della città, anche solo per avere informazioni su quanto il territorio offre, ragazze che una famiglia ce l’hanno ma per un qualche motivo, lavorativo o altro, necessitano di aiuto.
Il Centro offre supporto alle mamme e ai loro bambini, fornisce loro beni di prima necessità come pannolini e latte, ma cerca sempre di valutare a 360 gradi ogni singolo caso, al fine di capire chi ha realmente bisogno e di cosa nello specifico. Per questo il primo step che le ragazze che si rivolgono al centro si trovano ad affrontare è un colloquio con degli assistenti sociali. “Noi diamo latte, pannolini, vestiti – dice Maria Bertoluzzi – ma quello che più vogliamo è accompagnare le donne a riprendersi in mano la loro vita, in un percorso che le porti all’autonomia; bisogna che lavoriamo tutti insieme proprio sull’autonomia della donna, affinché questa non venga condizionata da un marito, da un’amica, da una sorella; affinché scelga da sé. Lavoriamo sulla signora e il suo bambino, futuro o presente che sia”. E quando dice “tutti insieme”, la presidentessa si riferisce a tutti i volontari e collaboratori del Centro.
Uno dei primi scogli che le donne straniere aiutate dall’associazione si ritrovano dinanzi è la lingua, e per questo il centro offre loro anche una formazione linguistica di base. Ma il problema più grosso è solitamente di carattere culturale. “Noi stessi seguiamo un percorso di formazione sulla tratta, in modo da riuscire a gestire le differenze culturali che ci separano da molte donne – spiega Bertoluzzi –. Spesso, poi, facciamo ricorso ad un mediatore culturale. Quello che vogliamo trasmettere a queste donne è che non vogliamo che loro cambino culturalmente, ma è necessario che si adeguino alle regole del Paese in cui adesso si trovano. Bisogna che capiscano che qui trovano aiuto da parte nostra, ma il bambino è e rimane loro, e l’arrivo di una vita implica sempre un cambiamento. Alcune donne si appoggiano piuttosto passivamente al centro d’accoglienza, noi vogliamo invece far capire loro che devono mantenersi attive nel gestire la loro vita e quella del bambino”.
Il Centro di Aiuto alla Vita, inoltre, non si ferma alla sola sede sita in via Bixio 71, ma gestisce ben 3 comunità, definite centri di prima accoglienza e 8 appartamenti (centri di seconda accoglienza), dove le donne con maggiore bisogno vengono destinate. I centri di accoglienza, di cui due a Parma ed uno a Sala Baganza, sono delle cosiddette “comunità-ponte”, dove le donne vengono seguite h 24 dalle educatrici; mentre negli appartamenti le ragazze vivono in maniera autonoma.
Diversi poi i progetti sostenuti dall’associazione. Dal Progetto alla Vita, che prevede un’erogazione in denaro favorita da benefattori che adottano a distanza le mamme in attesa di un bambino, al progetto di doposcuola 1 ad 1, per cui ad ogni bambino corrisponde un giovane studente parmigiano che lo aiuta nello svolgimento dei compiti. “In realtà il fatto che questi bambini siano indietro a scuola è solo una conseguenza di una carenza di appoggio e sostegno familiare, ed è proprio questo il problema che il Centro si propone di indagare e risolvere”, afferma Maria Bertoluzzi.
Di recente, poi, il Centro di Aiuto alla Vita lavora anche con i migranti, a cui però sono rivolti aiuti e progetti diversi, volti in primis a fornire loro un accompagnamento legale.
DALLA PROSTITUZIONE ALLA LIBERTA’
C’è sempre una storia di cui ci si ricorda con più tenerezza, e quella che Maria Bertoluzzi racconta ha come protagonista una giovane ragazza dell’Est – la chiameremo Irina, anche se questo non è il suo vero nome – costretta dal proprio compagno a prostituirsi, prima in un’altra città del nord Italia, poi a Parma. Una storia iniziata male, proseguita peggio, ma conclusasi con un gran lieto fine. La ragazza, infatti, riuscita a tornare in patria, aveva trovato la forza di denunciare il suo aguzzino, ma come risposta ha avuto solo delle porte in faccia da parte della sua stessa famiglia, che la considerava pertanto causa del suo stesso male.
Fatte le valigie, la giovane torna a Parma, senza una famiglia sì, ma con tanta voglia di ricominciare e in grembo una nuova vita da far nascere insieme ad un nuovo compagno. Ma le disgrazie, però, per Irina non sono ancora finite: il suo nuovo compagno muore, lasciandola sola con il bambino da crescere. Completamente sola la ragazza si è rivolseal Centro di Aiuto alla Vita, dove finalmente ha trovate tante braccia pronte ad accoglierla. Oggi Irina vive insieme al suo bambino e ha anche trovato un lavoro. “Si è riscattata, e questa è una grande soddisfazione anche per noi”, dice con un sorriso Maria Bertoluzzi.
Giovanna Triolo