La terribile morte di Idy Diene, l’uomo senegalese ucciso sul ponte Vespucci a Firenze nella giornata di ieri, suscita tutta la nostra rabbia e tristezza. Può essere una tragica coincidenza che sia successo proprio il 5 marzo del 2018, quando l’Italia si è svegliata con un vento razzista che ha avvolto il nostro Parlamento: guardiamo con preoccupazione al clima politico e sociale in cui si è verificato l’omicidio e le reazioni che ne sono seguite. Sarà un caso che Idy Diene fosse il cugino di Samb, uno dei due senegalesi trucidati dall’estremista di destra Gianluca Casseri in piazza Dalmazia il 13 dicembre 2011.
Sarà un caso che Roberto Pirrone abbia rivolto la pistola proprio verso il 53enne ambulante senegalese che tutti chiamavano «il saggio», uno dei più anziani della comunità. Troviamo gravissimo e strano che una persona decida di suicidarsi ma poi cambi idea e scelga di essere assassino di una vita che per lui non vale niente. Sarà un caso che oggi siano più numerosi quelli che se la prendono con i senegalesi arrabbiati piuttosto che con chi la violenza l’ha perpetrata o l’ha in qualche modo politicamente legittimata. Ma di caso in caso noi vediamo emergere con chiarezza che il capro espiatorio prescelto ha sempre più spesso la pelle nera e che essere antirazzisti e antifascisti oggi significa anche intervenire ogni volta che, vicino o lontano, avviene un’aggressione nei confronti dei nostri concittadini.
Comunità Senegalese di Parma e Provincia