«Nella realtà globale odierna occorre essere competitivi su larga scala. Pertanto la proposta dei candidati del Partito Democratico di trasformare l’Appennino in una zona franca risulta paradossale: suona come uno spot elettorale di fine campagna, considerando che è stata bocciata dall’Assemblea Legislativa regionale». I due candidati di “Noi con l’Italia-UDC” Andrea Pasini – segretario regionale Udc e capolista alla Camera nel collegio di Parma, Piacenza e Reggio Emilia – e Romano Tribi – candidato al Senato nel collegio plurinominale Emilia – intervengono sulla proposta degli esponenti del Pd.
«Oltre alla bocciatura dell’Assemblea Legislativa, nell’Europa comunitaria tali espedienti sono vietati poiché minano il principio della libera iniziativa e concorrenza di mercato. L’Appennino emiliano infatti non è Andorra, che ha pure dovuto rivedere il suo status doganale, bensì un’area strategica di importanza regionale», continuano i due candidati della coalizione di centrodestra.
«Nel programma di governo di centrodestra – sottolineano Pasini e Tribi – ci sono tante misure taglio del cuneo fiscale, sostegno delle medie e piccole imprese, rilancio del turismo e delle specificità locali che possono e devono valorizzare la montagna. Occorre procedere con il buon senso e ascoltare la gente intervenendo sulle problematiche più urgenti: lo spopolamento, la chiusura delle attività commerciali, la riduzione dei servizi socio-sanitari (come ad esempio la chiusura del punto nascita dell’ospedale di Borgotaro), la tutela dell’ambiente».
«Una situazione preoccupante causata anche dall’assenza di una visione da parte della Regione Emilia-Romagna che ha spesso trascurato le zone montane. Attraverso iniziative già esistenti, ad esempio Destinazione Emilia che comprende Piacenza, Parma, Reggio Emilia, è possibile individuare nuove forme di sviluppo affinché l’Appennino sia terra di opportunità e non un territorio emarginato», concludono Pasini e Tribi.
Non solo economia, Andrea Pasini rilancia infatti «Sanità, Scuola, Servizi: la triplice “S” simbolo di democrazia e progresso. Per questo continuerò, se eletto, a battermi in difesa del welfare».
«Il nostro sistema di Stato sociale, il cosiddetto welfare, poggia su questi tre capisaldi che garantiscono lo sviluppo nel progresso attraverso l’uguaglianza, le opportunità, i diritti, i bisogni», dice Pasini che sottolinea inoltre che lo Stato sociale «è il bene comune per antonomasia, è la più importante conquista del Ventesimo secolo, sancita dalla nostra Costituzione che riconosce l’inderogabile dovere dello Stato di assicurare a tutti i cittadini assistenza e tutela della salute. Nessuno deve restare indietro – continua Pasini – poiché come afferma Dietrich Bonhoeffer, pastore luterano tedesco protagonista e vittima della resistenza contro il nazismo, il grado di una civiltà si evince dal comportamento verso i deboli, specialmente bambini e anziani».
Pasini enuncia quale sarà il suo impegno in sede parlamentare, se eletto: «Migliorare il livello delle garanzie sociali, il pensiero va ai caregiver e ai disabili, ma anche ottimizzare le politiche per la famiglia, in particolari per le giovani coppie, e soprattutto fermare i tagli alla sanità che mettono in pericolo la vita di tutti, perché la salute riguarda ognuno di noi».
Pasini esprime, poi, la sua preoccupazione in relazione ad un graduale e complessivo smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale che, a prescindere dalla tendenza degli ultimi decenni a sopprimere i nosocomi locali e a concentrare l’attività negli ospedali dei capoluoghi di provincia e dei centri abitati più popolosi, deve sempre adempiere allo spirito di servizio nell’ottica del doppio principio di sicurezza e responsabilità. «Una riorganizzazione può risultare funzionale e utile, lo smantellamento costituisce invece un’inaccettabile discriminazione tra ricchi e poveri». È lo scenario che Andrea Pasini vuole evitare a tutti i costi.
Un Pasini a tutto campo che affronta anche temi di respiro internazionale: «La memoria mi rimanda alla celebre frase del presidente della Repubblica, Sandro Pertini, pronunciata nel 1978: “Si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai”».
«L’acquisto del cacciabombardiere F35 rappresenta un doppio spreco di denaro pubblico – continua Pasini – una vicenda iniziata nell’ormai lontano 2003. Sarebbe stato meglio destinare tale finanziamento alla sanità, al welfare, alla protezione civile, alla tutela dell’ambiente. Senza contare che sul piano del riammodernamento dell’apparato di difesa era conveniente e logico sostituire i vecchi Tornado con altri Eurofighter di cui l’Italia, membro del consorzio europeo, cura la parte radar-balistica, con ex Selenia del gruppo Finmeccanica. Una soluzione che ha penalizzato la marina militare che deve procedere al rinnovo della flotta, specialmente le fregate, cancellando ordinazioni che hanno costretto il settore cantieristico a mettere in cassa integrazione o addirittura in mobilità personale altamente specializzato».
«Ma il discorso si fa più ampio, sempre in tema di sicurezza, e riguarda la mancanza di aerei Canadair utili durante gli incendi che devastano l’intera penisola, il blocco delle assunzioni negli organici delle forze dell’ordine, l’impossibilità di rinnovare i mezzi richiesti dai vigili del fuoco, il sistema di pronto intervento per le calamità naturali. Occorre – conclude Pasini – ripensare la suddivisione delle risorse finanziarie e individuare le reali necessità del comparto sicurezza-difesa, specialmente riguardo le dotazioni delle forze dell’ordine che devono quotidianamente confrontarsi con estremismi e criminalità. L’Italia, come sostenuto da Giorgio La Pira negli anni Sessanta al tempo della guerra del Vietnam, deve essere un ponte di dialogo e pace essendo la naturale sponda tra Europa, Mediterraneo, Medio Oriente».