Era stato arrestato nel giugno del 2016, dopo una complessa indagine che aveva svelato come Antonio Moise si fosse specializato nel trovare prestanome, metterli in capo ad aziende immobiliari, spolparle e farle fallire.
L’ultima, l’Edilcalbo.
Mercoledì mattina Antonio Moise, 57 anni, origini calabresi ma a Parma da sempre, è stato riconosciuto responsabile di una serie di bancarotte fradolente e documentali, oltre che di girandole fittizie di compravendite, e condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione, oltre 10 anni di impossibilità ad esercitare attività d’impresa.
L’arresto, il 2 giugno 2016 – La Guardia di Finanza provinciale ha portato a termine una complessa indagine durata oltre un anno e mezzo, coordinata dalla procura locale, nei confronti di Antonio Moisè, 55 anni, noto imprenditore di origini calabresi ma da tempo residente a Parma e “specializzato” nell’acquisizione, tramite prestanome, di aziende patrimonialmente solide e condotte, poi, al graduale fallimento.
L’operazione è scattata nella mattinata di ieri nelle province di Parma e Reggio Emilia: all’alba una decina di finanzieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Parma perquisendo in tutto sette abitazioni. Gli accertamenti hanno svelato l’articolato progetto posto in essere dall’imprenditore, con numerosi precedenti in materia soprattutto per reati contro il patrimonio.
Per ricostruire esattamente tutte le complesse dinamiche illecite, è stato necessario analizzare i bilanci di diverse società e la documentazione contabile e di gestione delle stesse: sono stati poi sentiti decine di operatori del settore edile che hanno avuto contatti con l’azienda fallita e i dipendenti della stessa. Determinanti si sono rivelate le intercettazioni telefoniche effettuate tra gli indagati.
L’imprenditore arrestato agiva con varie modalità fra cui quella di procedere all’espoliazione patrimoniale della società mediante l’appropriazione di somme di denaro, attrezzature, beni mobili e immobili simulando anche finte vendite di appartamenti e terreni edificabili a controparti consenzienti; tra queste ultime, la propria convivente di origine sudamericana che, pur avendo una posizione reddituale insignificante, è risultata parte acquirente di ben quattro appartamenti.
I militari hanno anche eseguito specifiche indagini patrimoniali e finanziarie, seguendo i flussi e le “tracce” del denaro allo scopo di ricostruire l’ammontare dei proventi accumulati, nel tempo, dagli indagati per ristorare le imprese creditrici danneggiate dal fallimento fraudolento della società. Gli esiti e gli elementi raccolti hanno permesso al gip, su richiesta della procura, di emettere oltre all’ordinanza di custodia in carcere per l’imprenditore, anche un provvedimento di sequestro dell’intero patrimonio stimato in circa 3 milioni di euro e consistente in 4 appartamenti, 2 box auto e un terreno edificabile.
Le sei persone, di cui l’imprenditore si era avvalso in qualità di prestanomi per evitare responsabilità penali, sono state tutte denunciate per concorso in bancarotta fraudolenta distrattiva, documentale e patrimoniale. Le pene variano tra i 3 e i 10 anni di reclusione.