Un fisco più equo

Un fisco più equo

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Egregio Direttore,
occorre urgentemente riscrivere il patto di contribuzione tra cittadini e Stato, un patto fondato sul consenso rafforza la dimensione collettiva, consolida la democrazia e allarga gli spazi di partecipazione; serve una trasformazione sostanziale dei contenuti che incida positivamente sulla vita di milioni di persone e delle loro famiglie che subiscono il peso di una crisi che restringe sempre più gli spazi di “tranquillità economica” e di prospettive future.

Occorre invece, per la crescita economica, la riforma fiscale subito, con una significativa riduzione del prelievo sul lavoro, sui salari e sulle pensioni, con un nuovo sostegno sociale alla famiglia e ai soggetti dell’emergenza sociale, ad iniziare dagli incapienti, cioè le persone più bisognose,  si incrementerebbero così anche i consumi. Le risorse del fisco, (evasione, taglio delle agevolazioni fiscali, cumulo di interessi corporativi), devono essere tutte restituite ai contribuenti onesti per ridurre il costo del lavoro per le imprese, quindi la pressione fiscale complessiva. Non si può pensare che i pensionati ed i lavoratori dipendenti per i quali nel 96% dei casi le tasse che vengono prelevate loro alla fonte, ovvero dalla busta paga  siano nascoste, le pagano senza neanche vederle.

Solo il 4 per cento è versato al fisco “consapevolmente”, vale a dire attraverso un’operazione di pagamento. Sebbene la pressione fiscale sia leggermente in calo, rimane ancora troppo elevata e, indipendentemente dalla forma del prelievo, va assolutamente abbassata. Sembra che in Italia sia di oltre 4 punti percentuali superiore a quella tedesca, di 6 punti rispetto a quella olandese, di 9 nei confronti di quella spagnola e di oltre 13 se la comparazione viene eseguita con quella irlandese. E’ ovvio che con questi gap sia difficile competere in campo internazionale. Soprattutto per le nostre piccole imprese che oltre a pagare troppe tasse sono penalizzate anche da un sistema paese poco sensibile alle loro esigenze. Inoltre le famiglie a reddito fisso sono state quelle che pagarono maggiormente “il pedaggio”, per l’ingresso del nostro paese nell’euro, ed ancora una volta sono le stesse che per salvare la moneta europea, sono chiamate in causa.

Per attivare il virtuosismo di un fisco più giusto, occorrerebbe restringere gli spazi agli evasori fiscali con lo strumento di controllo già attuale ma più rigido di adesso, quello della tracciabilità dei pagamenti. E’ necessario anche cambiare approccio agli studi di settore per i lavoratori autonomi, superando la tendenza attuale che li configura come meccanismi di determinazione del reddito anziché di uno strumento di accertamento del medesimo. E’ anche opportuno introdurre  nel nostro sistema fiscale, il meccanismo del contrasto di interessi tra compratore e venditore, in modo da rendere sconveniente per il compratore la mancata emissione della ricevuta fiscale o scontrino. Costruire perciò un sistema che non venga percepito come vessatorio dai contribuenti, ma conveniente per tutti, che liberi risorse attraverso le quali attivare sgravi fiscali per le imprese che investono e non licenziano,  che dia al federalismo fiscale una impronta virtuosa ed equa che non vada a scapito dei territori più deboli e dei cittadini che hanno più necessità di sostegno. Una grande sfida di equità che concili la vita con il lavoro, con la possibilità anche di finanziare i servizi alla persona ed alla famiglia. Questa riforma ormai ineludibile per ridare fiato all’economia e giustizia sociale a coloro che le tasse le pagano per davvero.

Rino Basili
Parma

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