Un taxista croato beccato con le mani nella marmellata, arrestato e inviato al processo per direttissima, fa perdere le sue tracce e con ogni probabilità è già tornato in Croazia. La storia inizia all’alba di qualche giorno fa, quando un dipendente di un’azienda che in via Emilia Ovest raccoglie e commercializza pezzi di ricambio usati per camion e mezzi pesanti, nota la luce di torce in movimento all’interno dei locali e chiama subito il 113.
La volante arriva a tutto gas e i ladri, vistisi ormai scoperti, fuggono verso i campi. Tutti (almeno due) tranne uno. Che prova a risalire sulla sua auto con targa croata e a darsi alla fuga. Nel bagagliaio, d’altra parte, ha già un piccolo tesoretto che non vuole certo abbandonare. Imbocca una stradina che lo poterà in via Emilia, ma si trova la strada sbarrata dalla polizia. Abbozza ancora un tentativo di fuga, ma non riesce a liberarsi degli agenti e non gli rimane che arrendersi.
Portato in Questura è emerso che si trattava di un taxista croato assolutamente sconosciuto alle forze dell’ordine e ha confessato di aver portato in Italia i suoi complici interessati ai preziosi pezzi di ricambio per camion. Nell’auto i poliziotti ne hanno rinvenuti diversi – da 5 cronotachigrafi a quadri elettrici per camion – per un valore di circa 7mila euro.
Arrestato e portato in tribunale per il processo per direttissima, il difensore ha chiesto i termini a difesa per analizzare i documenti e il procedimento è stato rinviato. Con il ritorno in libertà del croato che non ha perso tempo a risalire in macchina per tornarsene a casa, facendo così perdere le sue tracce.
Risultato? Non sconterà mai la pena che il tribunale gli infliggerà e l’avvocato, sicuramente d’ufficio, dovrà poi pagarlo lo Stato con i denari di tutti i cittadini. Così come un procedimento diventato ormai inutile.