Il debito pubblico del Comune di Parma non deve essere pagato integralmente dai cittadini e non è vero che il passivo si è ridotto per il solo merito dell’Amministrazione Pizzarotti. A pochi giorni dall’approvazione del bilancio consolidato 2016, che vede un avanzo di oltre 18,4 milioni di euro, torna alla carica la Commissione Audit sul debito pubblico di Parma, che chiede l’istituzione di “una commissione d’inchiesta pubblica e popolare sul debito che indaghi sulla sua parte illegittima, allo scopo di non farlo pagare ai cittadini e di porre fine alla privatizzazione di beni e servizi, che si configura come un pesante attacco ai diritti inalienabili delle persone”.
Secondo la Commissione Audit, il debito pubblico di Parma si è ridotto. Ma non per merito degli amministratori comunali.
L’Audit sostiene infatti che “il debito del solo Comune, lasciato in eredità dalle Giunte di centro-destra, di minore entità, è stato in larga parte sanato per effetto di disposizioni di legge, cioè grazie all’allentamento dei vincoli del patto di stabilità, voluto dal Governo Renzi nel bel mezzo della crisi economica, volto a indurre tutte le amministrazioni pubbliche a pagare i debiti coi propri fornitori“, mentre “il debito bancario delle Società partecipate è aumentato di oltre una decina di milioni di euro (€ 12.751.000 al 2015)“. Ed ancora “il patrimonio netto delle partecipate ha subito una perdita di quasi € 14.900.000” e “per le troppo elevate esposizioni bancarie, e le assenze di ricavi operativi ricorrenti, hanno ricevuto continui supporti finanziari da parte del Comune”.
“Con quali soldi? Quelli dei cittadini, che sono stati risucchiati dalla voragine delle partecipate: tra il 2012 e il 2015 il Comune ha trasferito alle partecipate ben 162 milioni di euro, pari al 27% delle tasse versate dai cittadini“, tuona la Commissione Audit, secondo la quale “il Comune di Parma nel quadriennio 2012-15 ha incassato in tutto 597,5 milioni di euro attraverso tasse e imposte comunali: nel 2014 ogni cittadino ha corrisposto ben 941 euro di tasse, la leva fiscale più alta in assoluto di tutti i Comuni dell’Emilia-Romagna fra i 50.000 e i 200.000 abitanti e ben al di sopra della media nazionale (€ euro pro capite). Nel 2011, con € 474 pro capite, erano invece i meno tassati in assoluto fra i cittadini dei Comuni equiparabili in Regione”.
La Commissione ricorda anche che “il Comune di Parma ha ceduto patrimonio immobiliare e soprattutto azioni Iren. Non a caso il Comune di Parma ha esercitato il diritto di recesso dal Patto di sindacato nel 2014 per avere mani libere nel pagamento dei debiti di STT con il patrimonio azionario, perdendo oltre il 4% del suo pacchetto azionario e con ciò indebolendo il controllo pubblico sulla società (in tale circostanza il sindaco del Comune di Genova, Doria, in quanto membro del sistema dei comuni soci di IREN, rese pubblico che con tale operazione saltava la norma statutaria che prevedeva il mantenimento del 51% delle azioni del gruppo IREN in mano a soggetti pubblici, facendo perdere la maggioranza pubblica del pacchetto azionario. Infatti il piano di ristrutturazione del debito ex art. 182 bis della Legge finanziaria di STT Holding SpA con gli istituti di credito si è fondato su due direttrici: 1) cessione di patrimonio immobiliare; 2) vendita di una consistente quota di azioni IREN (Gazzetta di Parma, 6.3.2016). Dei 52,2 milioni di azioni di STT SpA ben 40 milioni sono stati conferiti in garanzia alle banche. A metà maggio sono state collocate sul mercato altre azioni IREN per un valore di circa 18 milioni. Per la ristrutturazione del debito della Holding comunale STT, non solo il Comune non ha aperto una vertenza con le banche per ridurne le ingiustificate pretese – prosegue la Commissione Audit – ma ha addirittura fornito in garanzia patrimonio immobiliare e milioni di azioni IREN a quelle stesse grandi banche che, per pubblica ammissione dell’amministratore delegato di STT (Commissione bilancio luglio 2016), «non ci hanno rimesso quasi nulla», pur avendo responsabilità nella formazione del debito pubblico (si pensi ai finanziamenti erogati in assenza di garanzie, alla sovra-stima dei terreni SPIP, etc., come ha dimostrato la Commissione Audit di Parma). Bella ristrutturazione del debito! Le tasse dei cittadini sono invece aumentate in quattro anni del 100%, mentre il Comune si è prodigato a impedire la “sofferenza del ceto bancario”, secondo il programma Ciclosi-Pizzarotti già dal 2012″.
La Commissione Audit sottolinea ancora che “la riduzione del debito delle società partecipate deriva in primo luogo dal fallimento di SPIP, che ha consentito l’abbattimento del debito di circa 150 milioni. Ricordiamo che la giunta Pizzarotti a suo tempo cercò in tutti i modi di evitare il fallimento della SPIP, arrivando addirittura a imporre al Consiglio di amministrazione di STT la erogazione di 5 milioni di danaro pubblico per “evitare la sofferenza delle banche”, che detenevano il debito della società per il 95%. Ricordiamo anche la denuncia della Commissione Audit, che riteneva necessario il fallimento di SPIP affinché fosse possibile aprire una doverosa indagine per bancarotta fraudolenta (come è infatti accaduto). In tale circostanza la giunta comunale si mosse nella direzione di sbianchettare la responsabilità delle banche nella formazione del debito di SPIP. La riduzione del debito delle società partecipate deriva in secondo luogo – aggiunge l’Audit – dalla cessione della quota detenuta dal Comune in STU Pasubio, che ha consentito l’abbattimento di oltre una settantina di milioni. Ma a che prezzo e favorendo quali interessi? Come noto la Magistratura ha avviato al riguardo una inchiesta che coinvolge, guarda caso, Ciclosi e Pizzarotti. Le questioni sottese sono molto gravi. La Commissione Audit sul debito pubblico di Parma le ha denunciate nell’ottobre 2012 e ha inviato alla Corte dei Conti un esposto per danno erariale”.
Questioni finite all’attenzione della Procura della Repubblica che valuterà in proposito, ma in ogni caso secondo l’Audi, questa “non è la ristrutturazione del debito che chiedevano i cittadini di Parma, che con le decine di manifestazioni sotto i Portici del Grano, chiedevano che la ristrutturazione del debito si trasformasse in una vertenza con le banche, volta a dilatarne nel tempo la restituzione, a ridurne l’importo, ad abbattere gli interessi su esso. Non volevamo che il pagamento integrale del debito con le banche avvenisse coi soldi dei cittadini“.
Da qui la richiesta di una commissione d’inchiesta che analizzi a fondo la composizione del debito pubblico di Parma.