Le salme di Salvatore Failla e Fausto Piano, i due operai della Bonatti Spa di Parma uccisi in Libia dopo un lungo sequestro, sono tornate in Italia. Il C-130 dell’Aeronautica militare partito da Tripoli poco dopo le 22.30 di mercoledì è atterrato all’aeroporto militare di Ciampino 40 minuti dopo la mezzanotte. Una lunga attesa per i familiari dei due sfortunati operai, caduti probabilmente in seguito a un conflitto a fuoco con i rapitori. Sulla pista anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che fino a poche ore prima ha negato il pagamento di qualsiasi riscatto per la liberazione degli operai. Quasi mezz’ora è durato il rito religioso sulla pista di Ciampino e non era mai accaduto prima. Oggi, al policlinico Gemelli di Roma, verrà effettuata una nuova autopsia sui corpi dei due operai, dopo quella già eseguita a Tripoli prima della partenza verso l’Italia.
Ma sulla vicenda del sequestro dei quattro operai Bonatti Spa il mistero è ancora fitto. Dopo aver appreso infatti che i sequestratori erano islamici ma non dell’Isis, trapela ora un altro particolare inquietante: parlavano in italiano. Lo ha rivelato la moglie di Salvatore Failla che nell’ottobre scorso ha ricevuto una telefonata da parte dei sequestratori, che gli fecero ascoltare un messaggio registrato in cui il marito chiedeva aiuto, sostenendo di essere rimasto solo, separato dagli altri compagni di sventura, e di aver bisogno di cure.
Restano ancora tanti comunque i particolari da chiarire su questa vicenda e la Procura della Repubblica di Roma, che già ha ascoltato Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, i due operai superstiti rientrati in Italia nei giorni scorsi (Leggi), ha aperto un fascicolo. Sentito anche un dirigente della Bonatti Spa. I due operai hanno sostenuto di essersi liberati da soli. Ma ancora non è chiaro cosa sia accaduto prima e perché Failla e Piano siano morti. Sono stati usati come scudi umani durante un conflitto a fuoco delle forze libiche con i sequestratori?
