Si sono incontrati per qualche decina di minuti in Procura a Parma, ma non hanno potuto parlare tra loro. Solo uno scambio di sguardi pieni d’amore che neppure un grande dolore sembra riuscire a scalfire. Fred Nyantakyi, un grande uomo prima ancora che un padre, ha potuto così rivedere suo figlio Solomon, colui che in pochi istanti di follia gli ha portato via per sempre la sua amata sposa Patience e la sua piccola Maddy. Insieme al padre anche Raymon, il fratello maggiore, al quale è toccato scoprire il massacro al ritorno dal lavoro.
L’incontro è avvenuto durante l’udienza in cui è stato conferito l’incarico ai professionisti che dovranno effettuare l’autopsia sui corpi delle vittime per cercare di capire qualcosa in più sulle modalità del duplice omicidio, per il quale manca ancora un movente chiaro. Solomon Nyantakyi ha solo ammesso la sua responsabilità – “Sono stato io” – aggiungendo soltanto: “Avevamo litigato”. Ma una lite è qualcosa di troppo banale per giustificare una rabbia dai risvolti così tanto violenti come quelli visti all’ultimo piano del condominio numero 21 di via San Leonardo quel maledetto martedì 11 luglio.
Solomon è arrivato dal carcere San Vittore di Milano, dove è detenuto dallo scorso mercoledì 12 luglio, quando è stato fermato dagli agenti della Polfer alla stazione centrale, e con lui c’era l’avvocato d’ufficio Vincenzo Cecere. Il 21enne ha inoltre parlato con il Paola Dal Monte che fin dal primo istante sta seguendo le indagini portate avanti dalla Squadra mobile di Parma.
A breve il giovane ex promessa del calcio che aveva deciso di intraprendere un’attività nel campo della meccanica, tanto da volersi iscrivere a scuola dal prossimo settembre, dovrebbe essere trasferito nel carcere di Parma. E solo da quel momento, forse, pian piano riuscirà ad esternare ciò che aveva e che si porta dentro. Qualcosa che deve fargli davvero tanto male per indurlo ad uccidere la mamma e la sorellina di soli 11 anni.