La sezione parmigiana del Tribunale Amministrativo Regionale ha respinto il ricorso presentato contro una delibera della giunta comunale di Parma, risalente al luglio del 2015, che dispone la demolizione di alcuni fabbricati abusivi realizzati nell’alveo del Baganza realizzati ben 40 anni prima. Si tratta di una carrozzeria con annessi box realizzati nel lontano 1975. Un provvedimento che ha origine da una precedente ordinanza di demolizione, anch’essa emessa dal Comune, che risale all’agosto del 2011 e che invano i proprietari dei terreni avevano cercato di contrastare mediante un ricorso straordinario al Capo dello Stato.
I ricorrenti lamentavano di essere venuti a conoscenza solo nel settembre del 2015 dell’ordine di demolizione del 2011, a seguito di ciò avevano tentato anche una soluzione conciliativa con il Comune ma l’ente non ha dato seguito alla richiesta. Inoltre, come si apprende dalla sentenza emessa dal Tar, i proprietari della carrozzeria lamentavano che “a differenza di altri proprietari di immobili ivi presenti, non hanno ottenuto il condono, pur versando nella medesima situazione”. Il Comune nel corso della causa ha evidenziato “la situazione di pericolo attuale per i fabbricati dei ricorrenti collocati tra l’alveo e l’argine di difesa del torrente Baganza come individuato dall’Autorità di Bacino e quindi ricadenti nella fascia di esondazione di detto torrente”.
I magistrati di Piazzale Santafiora hanno ritenuto che: “Il ricorso è irricevibile per tardività con riguardo al provvedimento con il quale il Comune dispone la demolizione degli immobili”, inoltre hanno ritenuta corretta la procedura seguita dal Comune, che già aveva negato il condono edilizio nel 1986, nel 1992 e nel 1995. In merito a ciò si legge nella sentenza: “Spetterà in ogni caso al Comune verificare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’autotutela, con riguardo ad eventuali provvedimenti di condono o di sanatoria relativi ad immobili situati in aree a rischio o in aree di assoluta inedificabilità”, tuttavia aggiungono che “dai mappali del Servizio Tecnico Bacini degli Affluenti del Po si evince che l’area ove insistono i fabbricati abusivi (…) è situata all’interno del profilo arginale destro del torrente Baganza in zona assolutamente ed obbligatoriamente inedificabile” – continuano – “Le opere abusive di cui si tratta risultano costruite tra l’alveo ed il margine destro del Torrente area nella quale non è consentita l’edificazione fatta eccezione per gli impianti di depurazione” – concludono “I ricorrenti dovevano sapere, almeno fin dal novembre 1997, data in cui è stato loro notificato il diniego di sanatoria edilizia, che gli immobili, per i quali avevano richiesto il titolo abilitativo, erano situati in area classificata dal PRG a vincolo speciale di rispetto dei corsi d’acqua, vincolata ai sensi anche della legge Galasso e soggetta a dissesto idrogeologico, tutti elementi che escludono una legittima aspettativa”. Per questo hanno ritenuto il ricorso “inammissibile oltre che infondato”. La sentenza è stata emessa dal collegio presieduto dal giudice Sergio Conti, con a latere i magistrati Annamaria Verlengia (estensore) e Marco Poppi (consigliere).
Salvatore Pizzo