Concorso in bancarotta societaria. Questa l’accusa contestata a vario titolo a 9 dirigenti bancari – 5 dei quali della Morgan Stanley e 4 della Deutsche Bank – per i quali la pubblica accusa ha chiesto al tribunale di Parma condanne che vanno da 3 anni e 10 mesi a 5 anni. Imputati in questo che è uno degli ultimi procedimenti penali legali al crac della Parmalat, sono Carlo Arosio, Giorgio Di Domenico, Marco Pracca e Tommaso Zibordi della Deutsche Bank, Paolo Basso, Raffaele Coriglione, Stefano Corsi, Salvatore Orlacchio e Carlo Pagliani della banca statunitense.
Davanti al tribunale presieduto dal giudice Gennaro Mastroberardino, si è conclusa la requisitoria del pm Giuseppe Amara, ma per la sentenza bisognerà attendere ancora a lungo. Devono ancora intervenire i legali di parte civile – tra le quali non c’è Parmalat, che ha nel frattempo chiuso il contenzioso in via stragiudiziale – e quelli della difesa degli imputati.
Alla Morgan Stanley, o meglio ai dirigenti finiti sul banco degli imputati, si contesta in particolare il ruolo di mediazione svolto nel luglio 2003 tra Parmalat Finance Corporation e Nextra Investment Sgr di Intesa, per far ottenere all’azienda un finanziamento di 300 milioni di euro.
Nel mirino dell’accusa, per quanto riguarda Deutsche Bank, due operazioni risalenti al 2003, che avrebbero aggravato l’esposizione finanziaria della Parmalat. La prima riguarda il versamento a Parmalat di 23 milioni relativi a contratti derivati, che anche a causa di un tasso d’interesse riutenuto usuraio avrebbero provocato un danno economico di oltre 51 milioni di euro. La seconda riguarda l’emissione di un bond da 350 milioni di euro, della durata di 7 anni, venduto collocato ad investitori istituzionali con false attestazioni circa l’affidabilità della Parmalat. Sotto accusa anche lo spostamento di circa 2,2 milioni di euro dalla Parmalat a un conto Deutsche Bank della filiale di Modena. Il tutto quanto ormai il default era dietro l’angolo.