La CoPadOr di Collecchio ha avanzato richiesta di concordato in continuità per far fronte alla propria complessa situazione finanziaria. Difficoltà che perdurano da tempo, ma che con impegno e sacrificio la storica industria di trasformazione del pomodoro ha affrontato portando avanti l’attività aziendale.
“Il contributo di CoPadOr al comparto del pomodoro italiano e, in particolare, a quello del Nord Italia è troppo importante perché tutti i soggetti coinvolti, a partire dalla banche, non si sentano impegnati nel fare ogni sforzo possibile per garantire la continuità produttiva dell’azienda, le condizioni per la definizione dei contratti e l’avvio delle semine per l’anno in corso”, ha sottolineato il deputato collecchiese del Partito Democratico, Giuseppe Romanini, componente della Commissione Agricoltura della Camera, che del caso ha investito anche il Ministero.
“Le difficoltà di CoPadOr, impegnata da anni in un difficile ma efficace percorso di risanamento che ha comportato sacrifici per tutta la filiera, dagli agricoltori ai fornitori, sono note da tempo – ha spiegato Romanini –. Ma immaginare il fermo dell’impianto di Collecchio sarebbe insensato e gravi sarebbero le conseguenze per le centinaia di lavoratori impiegati, per i fornitori e soprattutto per il mondo agricolo del nostro territorio al quale verrebbe sottratta una parte significativa delle opportunità di vendita del prodotto coltivato con una ulteriore riduzione delle possibilità di diversificazione delle colture. CoPadOr dispone di una capacità produttiva ragguardevole e di una struttura produttiva efficiente: questi sono valori reali per tutte le parti coinvolte, a patto di mantenere la continuità produttiva, la rete dei fornitori e quella dei clienti”.
“Già da alcuni giorni avevo ritenuto fondamentale – conclude l’ex sindaco di Collecchio, oggi deputato del Pd – tenere al corrente dell’evolversi della situazione tanto il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, quanto la Regione Emilia Romagna e nelle prossime ore presenterò in Commissione un’interrogazione per sollecitare un impegno formale del Governo per la tutela dell’occupazione e della capacità produttiva di CoPadOr. La richiesta di mantenimento in attività dell’azienda dev’essere sostenuta senza indugio in modo da creare le condizioni per proseguire il cammino di risanamento già avviato”.
Sulla vicenda interviene anche la Cgil e la Uil di Parma, attraverso le sigle di categoria Flai e Uila.
“La società ha una situazione finanziaria complicata a causa di un pesante indebitamento e per la decisione del ceto bancario di non concedere più la liquidità concordata negli ultimi anni – sottolineano i sindacati -. Anni in cui risulta essere diminuita l’esposizione nei confronti delle banche. Copador è uno dei maggiori trasformatori di pomodoro fresco del nord Italia, ha 600 dipendenti diretti tra fissi e stagionali, un considerevole indotto e una capacità produttiva di 3 milioni di quintali”.
“Di fondamentale importanza per i lavoratori, per le aziende agricole e per tutto l’indotto è la continuità e la partenza della campagna 2017 – sottolineano Flai Cgil e Uila Uil -. Diversamente le ricadute per tutta la filiera sono difficilmente prevedibili, sia in tema di prezzo del pomodoro, sia sulle quote di mercato di tutto il Paese Italia, che calerebbero a vantaggio dei competitori esteri, Spagna per prima. È utile ricordare anche che gli operai agricoli delle imprese di trasformazione industriale, a seguito delle riforme e all’abolizione dell’indennità di mobilità, non hanno nessun ammortizzatore sociale in caso di licenziamento. Queste scelte come ampiamente previsto, possono portare solo a veri drammi sociali“.
L’appello dei sindacati è rivolto quindi alla Regione Emilia Romagna, in particolare gli assessorati alle Attività Produttive e all’Agricoltura, perché convochino subito le parti sociali, le associazioni degli agricoltori, le organizzazioni dei produttori, i rappresentanti dell’azienda e le istituzioni del territorio per verificare la situazione e per mettere in campo ogni iniziativa utile a salvaguardare l’occupazione e la produzione. Anche il Ministero dell’Agricoltura deve essere parte attiva per costruire le soluzioni possibili.
“Copador è industrialmente sana, ha le maestranze professionali per lavorare con qualità e deve essere salvata!“, concludono i sindacati.