Federico Pizzarotti esce con un libro autobiografico intitolato ‘Una rivoluzione normale’. Sapevamo che il senso della misura e dei propri limiti non sono tra le qualità del sindaco, ma quello che più colpisce, al di là dell’alta considerazione di sé, è la presa in giro contenuta nel titolo e nel messaggio che intende trasmettere.
Una “rivoluzione normale” è un esempio perfetto di ossimoro, una contraddizione in termini come la “calda neve”. Non esistono rivoluzioni normali perché il significato stesso di rivoluzione è un sovvertimento della normalità.
È però chiaro l’intento di Pizzarotti. Strizzare l’occhio all’anima rivoluzionaria grillina, ma ricondurla nel solco di un suo presunto pragmatismo che si confronta con la complessità e i vincoli del governare. Fare passare l’ordinario, il “normale”, come una rivoluzione. Ma non bastano i giochi di parole per nascondere la realtà dei fatti.
Il programma e le promesse per cui Pizzarotti è stato eletto erano altre e a loro modo rivoluzionarie: chiudere e smantellare l’inceneritore, ripublicizzare i servizi a partire da quelli educativi, promuovere la partecipazione attiva dei cittadini nelle scelte dell’amministrazione, garantire la massima trasparenza dei processi decisionali affidando incarichi e nomine solo per bando e curriculum, fermare i nuovi centri commerciali, utilizzare perfino una moneta parallela, lo SCEC, di cui per fortuna ci si è già dimenticati.
Da un gruppo di persone senza alcun retroterra politico capaci di raccogliere con la loro lista meno di 2000 preferenze forse non ci si poteva aspettare una vera rivoluzione. Ma un po’ di discontinuità sì. Il punto è che non si è visto nemmeno quella.
La storia dell’inceneritore sappiamo come è andata, così come la battaglia contro la multi-utility IREN per cui era stato perfino celebrato un funerale. Curriculum e bandi per gli incarichi, dopo alcuni maldestri tentativi, sono ben presto andati in soffitta sostituiti dalle solite prassi della “vecchia politica” . La trasparenza si è rapidamente offuscata, come ben dimostra la vicenda dell’avviso di garanzia tenuto nascosto alla città per mesi.
La partecipazione, tanto sbandierata a parole e a suon di strampalati regolamenti, non è mai stata realmente attivata e si è risolta nei fatti nel suo contrario: ascolto dei cittadini vicino allo zero, bilancio partecipativo mai attivato, referendum sugli asili affossato con 7 mesi di silenzio.
Anche per la ripublicizzazione dei servizi si è andati nel verso opposto a quanto promesso: i servizi educativi, oltre che ridotti, sono stati ulteriormente esternalizzati; sull’acqua pubblica si è discusso tanto per inserirla nello Statuto comunale e poi si sono messe in vendita le azioni di IREN e di Emiliambiente precludendo ogni futura gestione diretta del servizio idrico.
Le aree verdi pubbliche, che dovevano essere tutelate e potenziate, si sono trasformate in strumento di consenso elettorale attraverso la sistematica concessione a privati di porzioni sempre più rilevanti sottratte ai cittadini. D’altronde Pizzarotti ci aveva già messo in guardia: da sindaco si era accorto che ce n’erano troppe.
Quanto ai centri commerciali e all’urbanistica, non una sola scelta delle precedenti amministrazioni è stata rimessa in discussione a differenza di quanto fatto da tanti altri Comuni “normali” che hanno avuto il coraggio di rivedere piani urbanistici attuativi non più sostenibili, affrontando senza remore e con successo anche i casi di contenzioso.
Sulla mobilità (e l’inquinamento da traffico) in 5 anni si è rimasti al palo, mentre in tutta Europa città “normali” stanno facendo una vera e propria rivoluzione, investendo sul trasporto elettrico pubblico e privato.
Infine sulla questione del debito e del bilancio la rivoluzione, dolorosa, l’aveva già fatta il commissario Ciclosi, tagliando personale e servizi, portando le tasse ai massimi, incrementando le tariffe. L’amministrazione Pizzarotti non ha fatto altro che reiterare l’amara ricetta di Ciclosi, senza mai abbassare tasse e tariffe anche quando si manifestavano i primi sintomi di guarigione con avanzi di bilancio di decine di milioni di euro. Tutto questo per avere un tesoretto da spendere a pioggia durante l’anno elettorale.
Niente rivoluzione quindi, ma nemmeno discontinuità e cambiamento, se non per la sola raccolta differenziata con gli esiti che conosciamo. Per il resto un gran tirare a campare senza un disegno preciso, molto opportunismo personale, rapido adattamento ai costumi e agli usi della vecchia politica. Un mero galleggiamento di chi non ha un progetto politico vero per la città che non sia la perpetuazione della propria poltrona.
Di questa mediocrità spacciata per normalità rivoluzionaria se ne fa volentieri a meno. Parma non può permettersi di perdere altri 5 anni.
Nicola Dall’Olio
Capogruppo PD Consiglio comunale di Parma