Al Granara Festival di Valmozzola continua il cartellone di spettacoli sul filo della fragilità, il tema conduttore di questa edizione. In scena venerdì 5 agosto alle 21.30 “Arie di carta” uno spettacolo di danza contemporanea interpretato e coreografato da Maria Carpaneto e Ivana Petito, vincitore del premio di produzione del Festival Fringe di Napoli 2015.
Sul palco due curiosi personaggi senza tempo, una sottile vena ironica e un passaggio continuo di stati d’animo. Una relazione che come aria traversa tutte le epoche storiche, tutte le età della vita, tutti i generi e tutte le modalità dell’essere soli (s)eppure insieme. Queste due creature si accompagnano per farsi coraggio ed esaltarsi a vicenda.
Arie di carta, una pièce ancestralmente e archetipicamente attuale e antica, vestita in abiti vintage in un ambientazione retrò.
“Uno spettacolo destinato ad essere un solo. Un racconto della vita al contrario, ovvero dalla morte alla nascita, ispirato da immagini e musiche un po’ d’altri tempi, come le arie d’opera… come la carta… Alla vigilia dell’inizio delle prove, una telefonata ha cambiato il destino della creazione di questo mio nuovo lavoro. I temi, la ricerca, le immagini, i suoni, i colori si sono moltiplicati anzi duplicati: il mio lavoro è diventato il ’nostro’, mio e di Ivana”, commenta Maria Carpaneto, che aggiunge: “Ci siamo incontrate, ognuna coi propri vissuti, gusti ed esperienze professionali e ci siamo ‘ascoltate’: il reciproco ascolto ha generato una nuova relazione, un linguaggio per noi nuovo, volti e storie nei quali molti possono rivedersi ed immedesimarsi, due donne/due personaggi venute da chissà dove, un duo vagamente clownesco, tragicomico che si è raccontato la propria vita fondendola in una sola ed unica”.
“Arie di carta è per me un atto di incontro – aggiunge Ivana Petito –. E’ la danza di un incontro. Parla di un me e di un te, di un io e un tu che poi altro non sono che l’umanità tutta. Racconta il miracolo e il mistero quotidiano di ogni relazione, un’opera che continua a crescere nella vulnerabilità autentica dell’ incontro”.