Il Teatro Due di Parma ha dato il via a un duro braccio di ferro con il Ministero dei Beni culturali per i contributi del Fondo Unico dello Spettacolo. Per il 2015, con i nuovi criteri di assegnazione decisi dal Ministero, al Due sono stati riconosciuti circa 940mila euro, contro il milione assegnato nel 2014. Una riduzione del contributo inaccettabile per la dirigenza del Teatro Due che ha impugnato davanti al Tar del Lazio il decreto dirigenziale che assegna i fondi, ma anche il decreto ministeriale dell’1 luglio 2014 con il quale il ministro Dario Franceschini ha fissato i nuovi criteri di valutazione delle richieste.
Per il Tribunale amministrativo del Lazio la posizione del Teatro Due (condivisa da diversi altri enti teatrali italiani) è ineccepibile: “il D.M. impugnato ha natura sostanziale di regolamento ed è stato emanato in violazione delle disposizioni procedimentali di cui all’art. 17 della L. n. 400/1988, che prevede – tra l’altro – il parere obbligatorio del Consiglio di Stato (che non risulta essere stato acquisito). Ciò consente di rilevarne la radicale illegittimità”. Vittoria per il Due che lamentava, tra le altre cose, “una grave svalutazione del parametro della qualità artistica” operata attraverso i nuovi criteri di valutazione contenuti nel decreto ministeriale del 2014 e attuati con il decreto dirigenziale del 2015 che ha assegnato materialmente i fondi. E che il Tar del Lazio ha bocciato con la stessa sentenza depositata il 28 giugno scorso.
Ma il teatro non si fa soltanto sul palcoscenico, ma molto spesso anche nelle aule di giustizia. Così quella che sembrava una vittoria su tutta la linea, si è ben presto scontrata con la dura realtà del Consiglio di Stato. Che in una sorta di gioco delle parti di pirandelliana memoria, cancella tutto in attesa del giudizio di merito. Al Consiglio di Stato si è rivolto il Ministero dei Beni culturali, riuscendo ad ottenere – miracolo nelle aule di giustizia d’Italia – un provvedimento di sospensione ad appena una ventina di giorni di distanza dalla sentenza del Tar del Lazio.
E la decisione è di quelle che hanno un retrogusto più politico che giuridico.
“Considerato, all’esito di una delibazione tipica della fase cautelare, che, come già affermato nel decreto cautelare monocratico n. 2529 del 2016 adottato dal Presidente della Sezione, alla luce di un complessivo bilanciamento degli interessi, occorre dare preminenza a quello volto ad assicurare la continuità nell’esercizio delle attività oggetto di finanziamento pubblico”- scrive il Consiglio di Stato – “la sentenza impugnata deve essere sospesa, con conseguente piena efficacia dei decreti impugnati”.
Con buona pace del Tar del Lazio e del Teatro Due di Parma. La decisione di merito da parte del Consiglio di Stato, comunque, dovrebbe arrivare presto: l’udienza è stata fissata “con celerità” per il 13 ottobre 2016.
In pratica un paio di mesi che consentono da una parte una boccata di ossigeno per i beneficiati dei contributi Fus, e dall’altra al Ministero di apportare eventualmente le correzioni indicate nella sentenza del Tar del Lazio. Che ancora ha sul tavolo un centinaio di ricorsi simili a quello del Teatro Due, sui quali dovrà pronunciarsi. In attesa dell’elaborazione al Ministero del nuovo Codice dello Spettacolo auspicato da molti addetti ai lavori.