“A prescindere da ogni questione sulla utilizzabilità delle registrazioni operate dal detenuto all’interno dell’istituto carcerario…., le dichiarazioni accusatorie dell’Assarag presentano incongruenze tali da compromettere l’attendibilità della sua ricostruzione”. Così il giudice per le indagini preliminari chiude il caso sulle presunte violenze subite nel carcare di Parma dal detenuto Rachid Assarag. Lo rivela segreteria regionale del Sinappe, il sindacato degli agenti della polizia penitenziaria, che esprime chiaramente soddisfazione per l’esito del procedimento.
Secondo il sindacato, il caso mediatico scoppiato nel settembre 2014 sarebbe nato da “alcune frasi attribuite agli operatori penitenziari che il recluso avrebbe illegittimamente registrato durante la sua permanenza presso gli Istituti Penali di Parma, per altro utilizzate in maniera decontestualizzata così da rendere travisabile i contenuti dei dialoghi, che fornivano una immagine altamente distorta della Polizia Penitenziaria, per altro toccando le corde della sensibilità del lettore attraverso un ardito parallelismo fra l’episodio in argomento e il decesso di Stefano Cucchi. A conclusione delle indagini già il Pubblico Ministero aveva proposto l’archiviazione del procedimento; richiesta a cui si è opposta la presunta persona offesa. Si giunge così, attraverso il complesso iter durato circa due anni, all’ordinanza di archiviazione del 19 luglio scorso”.
Capitolo chiuso, quindi, sulla vicenda dei presunti maltrattamenti subiti da Rachid Assarag, peraltro autore di diverse altre denunce dello stesso tenore presentate durante la sua permanenza in altre carceri.
“Un esito alquanto scontato che segna la fine dell’ennesimo capitolo di attacco alla credibilità della Polizia Penitenziaria, che ancora una volta ne esce vittoriosa”, sottolinea il Sinappe regionale, lamentando però il silenzio sull’archiviazione. “Dopo due lunghi anni, finalmente la giustizia riaccredita – doverosamente – il carcere di Parma e il suo personale; a loro restituisce la dignità professionale costantemente minata da falsi miti popolari che tendono a dipingere il penitenziario ducale come una bolgia infernale in cui il Sommo Poeta relegherebbe “bruti e picchiatori”. Il carcere di Parma, ingiustamente troppo spesso sotto i riflettori, si conferma un penitenziario, indiscutibilmente complesso (come per altro ogni istituto di primo livello), ma ineccepibile dal punto di vista delle professionalità ivi operanti”, conclude la segreteria generale del Sinappe.