Smaltimento ecosostenibile dei rifiuti radioattivi: nuova scoperta dell’Università di Parma

Smaltimento ecosostenibile dei rifiuti radioattivi: nuova scoperta dell’Università di Parma

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Lo smaltimento ecosostenibile dei rifiuti radioattivi non è un miraggio: a confermalo una ricerca, pubblicata dal gruppo capitanato dai professori Francesco Sansone, Arturo Arduini e Alessandro Casnati del Dipartimento di Chimica dell’Università di Parma, in collaborazione con i gruppi di Radiochimica del Politecnico di Milano (dei professori Mario Mariani ed Elena Macerata) e del Commissariato per l’Energia Atomica e le Energie Alternative francese (Marie-Christine Charbonnel), sulla rivista americana Journal of the American Chemical Society.

Gli studiosi hanno evidenziato come una nuova classe di leganti organici azotati mostri una particolare selettività verso i cationi attinidi rispetto ai lantanidi: tali leganti, sviluppati all’interno del progetto Europeo SACSESS, consentono l’isolamento dei cosiddetti “attinidi minori” (Americio, Curio, Nettunio) che sono tra i maggiori responsabili della radioattività dei reflui che provengono dal trattamento del combustibile nucleare esausto.

Questo consentirebbe così di recuperare questi elementi radioattivi per “bruciarli” nei reattori di nuova generazione (GenIV), permettendo di smaltire le enormi quantità di rifiuti nucleari civili e militari accumulati dalla seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri e riducendo di numerosi ordini di grandezza i volumi dei rifiuti da stoccare in formazioni geologiche profonde.

Una grande scoperta, se si pensa che questi nuovi leganti azotati, consentiranno di rimuovere gli ioni lantanidi anche in presenza di grandi quantità di attinidi, molto simili come proprietà e dimensioni, e di recuperare così l’uranio che potrà essere riutilizzato: il processo, realizzabile attraverso semplice ripartizione tra una fase acquosa ed una organica (partitioning), rende la produzione di energia da fissione nucleare non solo un processo industrialmente più economico, ma anche più sostenibile dal punto di vista ambientale, non solo per i paesi che tuttora utilizzano centrali nucleari ma per l’intero pianeta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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