“Don Franco Reverberi non ha nulla a che fare con le torture ai prigionieri politici in Argentina”. A sostenerlo con forza, dopo l’ultima presa di posizione dell’Associazione Antigone, che invitava i fedeli allo “sciopero della messa” celebrata dal parroco di Enzano di Sorbolo (leggi), è la Curia di Parma, attraverso il direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali, don Daniele Bonini che definisce “non vere e tendenziose” le notizie diffuse dalla Ong. Don Daniele sottolinea che “ci preme ribadire la totale estraneità ai fatti di don Franco, in quanto non era presente nei luoghi e nei tempi indicati, né ricopriva nel 1976 l’incarico di cappellano militare nella cui veste sarebbe stato incriminato”.
Posizione questa ribadita anche in documenti ufficiali. “Questo si evince – spiega infatti don Bonini per conto della Curia di Parma – nella copia autentica della comunicazione 11 Settembre 1980 del Vicariato Castrense del Ministero della Difesa dello Stato Argentino rivolta al Segretario della Cancelleria del Vescovo di San Rafael ove è certificato che il Parroco Franco Reverberi era stato ‘nominato Cappellano Ausiliario con destino allo Squadrone dell’Esplorazione di Cavalleria di Montagna n. 8′ con decreto n. 12313 dell’11 settembre 1980, confermato anche dai timbri di ricezione del Ministero della Difesa“.
Ci sono poi le sentenze ricordate dalla Curia di Parma. La Corte d’Appello di Bologna con sentenza n. 13173/13 del 29.10-06.11.2013 ha dichiarato “che non sussistono le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione di Reverberi Franco” e la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con propria sentenza n. 1290 (sezionale) e n.46634/14 del 17 Luglio-12 Novembre 2014 ha così definitivamente statuito in ordine all’appello che ne aveva fatto la Repubblica Argentina “P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 Disp. Att. c.p.p.” .
“Ciò dovrebbe bastare come prova inconfutabile per accogliere, in buona fede, la verità dei fatti”, conclude il direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Curia vescovile di Parma.
LA REPLICA DI ANTIGONE
L’Associazione Antigone non chiude la questione Reverberi e rilancia, puntando soprattutto sulla sentenza della Cassazione, citata dalla Curia, che ha rigettato la richiesta di estradizione per due motivi.
Il primo poiché “la sentenza impugnata (quella della Corte d’Appello, ndr) ha dichiarato non sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione di Franco Reverberi sul presupposto dell’intervenuta prescrizione dei reati, facendo applicazione dell’art. 7 comma 1 lett. b) della Convenzione tra Italia e Argentina del 1987, adottata con legge n. 219 del 1992. Tale norma prevede il rifiuto dell’estradizione nel caso in cui il reato sia prescritto secondo la legge della Parte richiedente ovvero della Parte richiesta”.
Questa parte prescritta riguardava tra gli altri il reato di lesioni contestate al prete mentre, per quanto riguarda la fattispecie di tortura, la Cassazione ha respinto il ricorso poiché, nonostante il delitto di tortura “sia previsto dal diritto internazionale e ad esso fa riferimento una norma di jus cogens che si rivolge a tutti gli Stati indipendentemente da una sua espressa previsione pattizia, ciò non è sufficiente per ritenere che l’ordinamento nazionale abbia adottato il reato di tortura”. […] “E’ quindi necessaria una legge che traduca il divieto internazionale di tortura in una fattispecie di reato, definendone i contenuti e stabilendo la pena, che potrà prevedere anche il regime temporale di prescrizione. Pertanto, nella attuale situazione normativa non può invocarsi, così come fa la parte ricorrente, l’imprescrittibilità della tortura, cioè di un reato che non c’è”.
“Per questo caso abbiamo delle accuse mosse dalla procura penale di Mendoza in Argentina nelle quali si afferma che diverse persone avrebbero riconosciuto in Don Franco Reverberi il prete cui si riferisce l’accusa nel periodo indicato – dichiara Arturo Salerni, avvocato di Antigone e difensore della Repubblica Argentina dinanzi la Corte di Cassazione per il caso in oggetto -. Non stiamo tuttavia dicendo che Reverberi sia colpevole o meno, ma che non è stato possibile appurarlo per la mancata estradizione, dovuta all’assenza del reato di tortura. In Italia – prosegue Salerni – si sono tenuti numerosi processi per i sequestri, le sparizioni e gli omicidi avvenuti in quegli anni in Argentina e molti si sono conclusi con sentenze di condanna. Anche in questi mesi altri processi relativi al Plan Condor si stanno tenendo nelle aule giudiziarie italiane. Non possiamo invece processare persone accusate di tortura o estradarle per stabilire la loro colpevolezza o innocenza proprio per l’assenza di questo reato”, conclude l’avvocato.
“Se ci sia stato uno scambio di persona o meno crediamo che ad appurarlo debbano essere gli organi giudiziari argentini che proprio a tale scopo vorrebbero processare Don Reverberi – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “Proprio per tale motivo – prosegue Gonnella – il prete dovrebbe rinunciare alla prescrizione e tornare in Argentina per essere processato, senza aver paura dalle istituzioni democratiche di quel Paese. Noi, da sempre, vogliamo che ci sia giustizia e non condanne ingiuste ma, senza processo, non ci sarà mai spazio per la verità, ancor di più nei casi di torture”.
“Infine – conclude Gonnella – non possiamo che sollecitare nuovamente il governo e il parlamento italiano sulla necessità di approvare immediatamente un reato che punisca la tortura, così da non lasciare nulla di intentato nella ricerca della giustizia per le vittime di torture, in Italia come nel resto del mondo”.
Sulla questione delle estradizioni non è mai facile raggiungere l’obiettivo. Non solo quando bisogna fare i processi, ma anche quanto questi sono già passati in giudicato con tanto di condanna all’ergastolo. Cesare Battisti docet. La Francia e il Brasile sono repubbliche democratiche?