Anche quest’anno è un grande successo la festa multiculturale di Collecchio. Nella sua 20esima edizione ha portato anche ospiti d’eccezione come Zerocalcare, tra i fumettisti più famosi al momento in Italia nonchè attivista per molte lotte sociali, e Ahmad Habash da Kobane, rappresentante della Rojava in Europa.
Di Kurdistan e della sua guerra infatti si è parlato nella serata di sabato grazie a questi due ospiti. L’incontro è stato possibile grazie all’organizzazione di Art Lab e Rete Kurdistan di Parma che sostengono la campagna di protesta Boicotta al Turchia secondo cui, come spiega Ahmad Habash: “Ogni centesimo che viene speso nel turismo in Turchia può essere trasformato in un proiettile contro donne e bambini”.
Zerocalcare ha avuto così modo di parlare del suo ultimo lavoro, un reportage a fumetti che racconta del suo viaggio in Kurdistan, “Kobane Calling“. In un turbinio di ironia, cinismo, emozioni e paura di trovarsi in una zona di guerra Michele Rech, in arte Zerocalcare, narra di una situazione drammatica che però si fonda su una speranza viva e forte nella democrazia e nella giustizia sociale: la guerra della popolazione curda.
“La richiesta di liberazione per Abdullah Öcalan (leader storico dei curdi e detenuto in Turchia dal febbraio 1999) mi ha avvicinato a questa situazione. Parliamo di una rivoluzione che vuole al centro della questione le donne e il reddito sociale. E’ un discorso che parla la mia stessa lingua. Io e altri ragazzi di Roma abbiamo deciso così di partecipare nel 2014 alla staffetta romana per Kobane”. L’idea di scriverne poi un reportage a fumetto, spiega l’autore, nasce in un secondo momento: “L’opposizione in Turchia viene punita con anni di carcere, non si scherza. Per questo motivo ho chiesto al giornale ‘Internazionale’ di farmi un pezzo di carta che mi autorizzasse ad andare. ‘Internazionale’ ha scommesso su di me un po’ a scatola chiusa perché non avevo mai scritto qualcosa di così impegnato”. Una scommessa ben ripagata visto il successo del numero di Internazionale in cui comparivano le ben 40 pagine disegnate da Zerocalcare. Successo, poi, che si è riflesso anche nella versione integrale del reportage nell’edizione della Bao uscita a ottobre.
“Sono voluto tornare poi un altra volta a Kobane, – racconta Zerocalcare – perché nella prima ci siamo tenuti un po’ a distanza dalla battaglia e mi sembrava di aver tradito un po’ i miei lettori. Nel secondo viaggio ho potuto vivere più da vicino cosa stanno vivendo i combattenti”. La storia dei due viaggi, che forse non saranno gli unici visto il finale aperto dell’opera di Reich, si possono leggere nel volume Kobane Calling. Volumi in vendita alla festa e che l’autore ha quasi initerrottamente autografato durante tutta la serata ai suoi fan.
Presente all’incontro anche il presidente del consiglio comunale di Parma, Marco Vagnozzi, e il deputato del PD Giuseppe Romanini. Il Comune di Parma ha infatti approvato all’unanimità, il 14 aprile, una mozione che esprime una solidarietà e un patto di amicizia con la popolazione curda, in particolare con la città di Kobane. A ringraziamento per questo gesto il rappresentante del Rojava, durante la serata, ha voluto regalare a Marco Vagnozzi la bandiera della YPJ, la milizia femminile di resistenza al regime della regione a maggioranza curda Rojava, nel nord della Siria.
Il gruppo YPG ha preso una posizione difensiva nella guerra civile siriana. Dopo il ritiro delle truppe del governo siriano di Assad dal Rojava nel 2012, l’YPG e il suo braccio femminile, l’YPJ, sono diventati di fatto le forze armate del Kurdistan siriano. A partire dal 2014, l’YPG è stato coinvolto nella guerra contro lo Stato Islamico e ha respinto l’assalto dell’ISIS alla città di Kobane nel gennaio 2015. In giugno ha unificato i cantoni di Kobane e Qamishli, tagliando l’accesso dell’ISIS al confine con la Turchia a nord della sua capitale in Siria, Raqqa. L’YPG collabora con il PKK, la principale organizzazione militante dei curdi in Turchia.
“Viviamo una resistenza storica in questo momento in Rojava e in tutta la Siria, – ha spiegato Ahmad Habash – sono sei anni che combattiamo per costruire le nostre idee. La situazione è disperata e lo dimostra il fatto che ci sono persone che sono disposte darsi fuoco per difendere le loro idee e battaglie. A livello internazionale molti ancora non hanno capito la nostra battaglia ma altri si e hanno capito che se cadrà questo regime finalmente il popolo curdo potrà avere dei diritti. Nel 2012 il nostro primo passo verso l’indipendenza è stato dichiarare che i campi di grano delle nostre terre erano nostri e servivano per la popolazione, non per il commercio e i profitti dello Stato. Lo stato ha tentato di fermarci ma noi eravamo già pronti a difenderci. In uno scontro armato è anche morto un funzionario del regime. Abbiamo lanciato un ultimatum al governo e abbiamo dichiarato l’indipendenza di Kobane. Il governo turco che non riconosceva questa libertà ha usato posizioni militari usando anche le parti estremiste. Per 30 km noi abbiamo fatto resistenza con i nostri corpi e nonostante e tantissimi morti abbiamo vinto. Kobane è simbolo del successo della democrazia e delle persone che lottano per questa. Noi combattiamo anche per il popolo siriano. Ci sono persone che credono di avere il diritto di tagliare le gole in nome di un dio. Figuratevi cosa farebbero se arrivassero al governo. Noi combattiamo per l’umanità”.
Dopo l’istituzione della giornata mondiale del popolo crudo, il 1 novembre, c’è stato un aumento di sensibilizzazione sulla questione e, a livello internazionale, si sta riconoscendo l’emergenza di questo popolo.
Arianna Belloli