Oggigiorno, mettersi in proprio è una prassi abbastanza comune e già da anni, molte aziende solide e di settore stanno prediligendo assunzioni con contratti monomandatari a partita Iva rispetto quelli subordinati. I dati delle camere di commercio confermano questo trend, registrando negli ultimi 36 mesi – nonostante il periodo di chiusura forzato della pandemia – una crescita media tra il 3-4% annua. Secondo dati del MEF (Ministero delle Finanze), nel solo quarto trimestre 2021 si è segnato un aumento del 3,9% di partite Iva rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Insomma, una serie di numeri che tracciano una direzione già ben delineata anche per il 2023: Quella di mettersi in proprio.
Partendo da questa linea di cambiamenti che stanno progressivamente plasmando il tessuto economico e sociale del sistema-paese italiano, abbiamo deciso di approfondire meglio il tema, presentando ai nostri lettori quantomeno le motivazioni principali. Anche perché spesso si sente parlare di Flat-Tax, lavoratori autonomi e partite Iva, contratti di consulenza, regime forfettario etc.. . Navigando su internet, si trovano una moltitudine di informazioni sull’argomento, che però possono risultare difficili da comprendere ad un neofita. Altri sono magari articoli datati e non del tutto aggiornati rispetto i nuovi decreti o gli sviluppi del PNRR nazionale. Altri ancora invece, sono spiegati in maniera semplice e chiara, senza scendere nelle terminologie del “burocratese”, come ad esempio questo post recente del Blog di SixteGroup – società consolidata di consulenza multicanale – che spiega le differenze tra ditta individuale e libero professionista per chi vuole mettersi in proprio nel 2023.
STEP 1. LA PARTITA IVA
Prima di iniziare qualsiasi attività o professione in maniera autonoma, è obbligatorio di legge aprire una partita Iva. Non esistono altre possibilità alternative e questo rimane il primo passo per mettersi in proprio ed iniziare un’attività professionale in maniera abituale e continuativa (al di là dei volumi di fatturato, tipologia e settore lavorativo). Come già menzionato prima, altra questione da considerare per imboccare la strada giusta, è aver ben chiaro in mente la differenza tra liberi professionisti e ditta individuale. Premesso che la scelta non è arbitraria ma determinata più da che percorso professionale si vuole intraprendere, va detto che il diverso inquadramento tra libero professionista o ditta individuale comporta notevoli differenze a livello burocratico e fiscale, elementi comuni nel gestire in piena autonomia la propria attività. L’ideale sarebbe sempre potersi rivolgere ad esperti e consulenti con alle spalle conoscenze solide, come appunto la già citata realtà multidisciplinare di SixteGroup.
STEP 2. CAPIRE SE SI È UNA DITTA INDIVIDUALE
Leggendo le righe del Codice Civile, vengono definite come ditte individuali (o anche attività d’impresa) qualsiasi attività economica organizzata per la produzione o scambio di beni e di servizi. La legislazione – oltre a questo requisito – parla di attività continuativa e non sporadica ed organizzata nel gestire tali beni e risorse. Rientrano in questa categoria i classici artigiani o gli imprenditori individuali, come falegnami, estetiste e parrucchieri, idraulici, i grossisti o gli ambulanti. In generale, dopo l’apertura della partita iva, la prassi richiede l’iscrizione al Registro delle Imprese e all’INPS, a meno che l’attività stessa non richieda particolari autorizzazioni.
STEP 3. CAPIRE SE SI È UN LIBERO PROFESSIONISTA
Il libero professionista invece, più legato alla sfera intellettuale e creativa delle professioni (come ad esempio la categoria degli avvocati, i giornalisti, architetti etc..) è anche detto lavoratore autonomo intellettuale. Si differenzia dalle ditte individuali proprio per questo carattere nettamente più “astratto e creativo” del suo lavoro. In linea generale, in questo macro-insieme rientrano tutte quelle professionalità che prevedono l’esecuzione di un’opera o di un servizio a fronte di un compenso concordato. Secondo la legislazione, non deve avere vincoli di subordinazione nei confronti del committente e deve essere completamente autonoma. I liberi professionisti si suddividono in due categorie distinte, ovvero: liberi professionisti che esercitano le professioni protette (come i notai ed i giornalisti che richiedono iscrizione all’albo di appartenenza) e quelli di “professione libera” come i consulenti aziendali, i programmatori informatici.
In sintesi, la principale differenza tra le due categorie sta nell’obbligo di iscrizione al Registro Imprese per i primi e all’iscrizione all’albo di appartenenza (o meno per le professioni libere) per il libero professionista, dopo aver superato l’esame di abilitazione alla professione. Speriamo con questo post di avervi schiarito un po’ le idee e di avervi aiutato nel capire meglio come mettersi in proprio nel 2023.