Prosciutto di Parma: storia dell’insaccato più famoso d’Italia

Prosciutto di Parma: storia dell’insaccato più famoso d’Italia

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Difficile dire con esattezza quando in zona parmense si sia iniziato ad allevare e a trattare le carni di suino per la stagionatura, la conservazione nel tempo e il consumo.

Le fonti iniziano a darne menzione in epoca romana ma alcuni storici della cucina credono che già in epoca preromana, ovvero quando nella zona del parmense c’erano gli etruschi e successivamente anche sotto il periodo della colonizzazione dei celti Boi, il maiale fosse già trattato con speciale cura dagli antichi abitatori di Parma.

In tutta la zona della Gallia cispadana del resto mandrie di suidi addomesticati pascolavano allo stato brado sotto la stretta sorveglianza di allevatori che una volta macellati i capi, per allungarne i tempi di consumo e favorirne la sapidità, stagionavano tagli scelti con sale e spezie. La vicinanza con le saline di Salsominore e i suoi pozzi di acqua salata o acque salse, già sfruttati in epoca arcaica prima dell’avvento di Roma, diede un forte impulso allo sviluppo di questo generi di insaccati. All’epoca il sale era infatti un alimento di non facile reperibilità e dai costi non certo contenuti.

I locali si avvalsero dunque di questa fortuna del sottosuolo e combinarono con sapienza le materie prime fornite dal territorio andando nel tempo ad acquistare sempre maggior perizia e competenza nella cura degli insaccati. Di suinicultura e saline parla ad esempio lo storico Marco Terenzio Varrone che nel I secolo avanti Cristo compose il De Rustica sottolineando l’abilità di produrre insaccati nella Gallia cispadana. Curiosamente a Roma nello stesso periodo iniziava a diffondersi una pietanza nota come panisperna (panis e perna ovvero pane e coscia di suino), un panino al prosciutto dal sapore arcaico che aprirà la strada alla tradizione di chiudere tra due fette di pane del goloso companatico stagionato.
Passata l’epoca romana poco cambiò nel medioevo e anzi gli allevatori e i macellatori di carni suine iniziarono ad organizzarsi in corporazioni come quella dei beccai (coloro che trattavano la carne) che attorno alla metà del ‘400 subì una scissione emblematica che portò alla creazione della gilda dei lardaioli (gli specialisti del trattamento del maiale).


Da quel momento il crudo iniziò ad essere una presenza fissa nelle tavole delle famiglie nobili e benestanti del rinascimento trovando sempre maggiore spazio nelle tradizioni culinarie della penisola e figurando ad esempio nel menu delle nozze dei Colonna nel 1589. Un ulteriore passo in avanti verso la creazione di un vero polo industriale dedicato venne mosso nel ‘700 quando Guillaime du Tillot, primo ministro del re francese Filippo di Borbone, decise di instaurare nel ducato di Parma due macelli specializzati nella lavorazione dei maiali per dare impulso all’industria locale. Poco dopo lo stesso du Tillot venne nominato dal suo re marchese di Felino commentando ironicamente l’incarico da poco ottenuto “Voilà, je suis un Marquis d’un pays des saucissons(“Ecco, sono diventato marchese di un paese di salami”), l’ennesima conferma dell’ampia diffusione di eccellenze derivate dal maiale dell’area parmense in epoca moderna.
Nel frattempo nel 1996 il prosciutto di Parma ha ottenuto il riconoscimento DOP e si è proiettato nei mercati internazionali trasformandosi in uno degli ambasciatori di Parma e della regione emiliana in Italia e nel resto del mondo. Se è vero infatti che i gusti esotici stanno pian piano conquistando le tavole degli italiani dove sono sempre più presenti piatti d’oltreconfine come chilli con carne, nachos e alette croccanti cajun, è anche al contempo vero che negli anni il prosciutto di Parma è stato uno dei protagonisti della conquista dei mercati esteri da parte delle eccellenze made in Italy.


Insieme alla Mozzarella di Bufala, alla burrata e alla pasta, le cosce di suino emiliano stagionato dominano l’export tricolore con un giro d’affari stimato intorno ai 2 miliardi di euro. Numeri che testimoniano non solo l’apprezzamento di questa pietanza da parte degli stranieri ma anche un’ottima tenuta del prodotto in termini di vendite nonostante i recenti attacchi dell’UE e rispettivi obblighi di etichettatura degli insaccati, messi alla berlina per presunte relazioni con lo sviluppo di malattie come il cancro (un’iniziativa promossa dal Beating Cancer Special Commitee dell’Europarlamento).

 

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