Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio processo di stigmatizzazione che ha portato a rinnegare una buona parte di fatti socioculturali avvenuti nel passato.
In questo ultimo periodo ha preso piede quella che prende il nome di “cancel culture” ovvero un processo di non accettazione di tutto ciò che è accaduto nel passato o che è stato proiettato in alcuni film di successo e che ad oggi viene considerato culturalmente inappropriato e razzista.
I sostenitori di questo movimento si battono al fine di portare alla censura o alla rimozione tutte quelle pellicole cinematografiche, statue e monumenti che secondo questa impostazione vengono considerati: razzisti e irrispettosi nei confronti di diverse culture, specialmente delle minoranze etniche.
Sono sempre più numerose infatti le polemiche sui social o in TV a seguito di eventi e fatti considerati culturalmente inappropriati; basti pensare al cosiddetto blackface o ad alcuni insulti a sfondo razzista che spesso provengono dal mondo del calcio e non solo.
È sicuramente nobile l’iniziativa di voler mettere la parola fine a tutte le mancanze di rispetto nei confronti delle culture diverse dalla nostra, ma ad oggi questa tendenza sembra essere sfuggita di mano perché talvolta può portare a vedere il male anche laddove in realtà il male non c’è.
L’ultima “vittima” della cosiddetta cancel culture è nientemeno che la Disney, che per default ha sempre prodotto film e cartoons adatti alle famiglie, non rivelandosi mai offensiva nei confronti di alcuna cultura.
In questi giorni però sulla nuova piattaforma di streaming Disney+ dalla sezione interamente dedicata ai più piccoli, tre classici del passato sono stati cancellati; si tratta di Dumbo (del 1941), Peter Pan (del 1953) e Gli Aristogatti (del 1970).
Ciò che viene imputato alla Disney è che in questi tre cartoni animati vi sono alcune scene considerate culturalmente offensive e razziste. Nello specifico si tratta della scena dei corvi in Dumbo (considerata razzista nei confronti degli schiavi afroamericani), della scena in cui si vedono i nativi americani in Peter Pan (il termine “pellerossa” viene considerato offensivo), e della scena degli Aristogatti che vede in uno degli amici del gatto Romeo (il siamese Shun Gon) una caricatura eccessiva della fisionomia e del modo di parlare degli asiatici.
Queste pellicole sono ancora presenti sulla piattaforma ma sono riservate ad un pubblico adulto, presentano un disclaimer con il bollino rosso visibile pochi secondi dopo l’inizio della riproduzione.
Come se non bastasse, alcune delle attrazioni presenti nei principali parchi divertimenti di proprietà della Disney verranno modificate a causa di presunti contenuti razzisti che sembrano caratterizzarle (si tratta di Jungle Cruise e di Splash Mountain).
Quali e quanti altri provvedimenti verranno presi? Si accettano scommesse. Ormai non ci stupirebbe di certo vedere siti come Starcasinò dare la possibilità di scommettere su quali film possano essere accusati di razzismo in futuro.
Insomma, ad oggi la cancel culture sembra non far sconti a nessuno e continua la sua lotta anche in maniera retroattiva contestando fatti e pellicole figlie d’altri tempi. Si tratta di accuse legittime? E’ appropriato considerare razzisti film che non hanno fatto altro che mostrare quelli che erano i canoni socioculturali dell’epoca?
La risposta è soggettiva, ma una cosa è certa, per guardare al futuro si deve sempre rivolgere uno sguardo verso il passato.