Al minuto 80′, Federico Dimarco nato a Milano 21 anni fa, decide di prendersi la platea di San Siro durante un Inter-Parma che passerà alla storia. Un sinistro da 30 metri che si infila sotto la traversa di Handanovic, incolpevole, e che regala ai crociati tre punti insperati alla vigilia. Ha avuto ragione D’Aversa a non voler firmare per il pareggio ventiquattro ore prima di una gara che sembrava impossibile anche solo da giocare e che certifica una cosa: nel calcio non c’è nulla di impossibile.
L’argentino rileva un Keita che sembra un fantasma – per fortuna del Parma che, intanto, assorbe i colpi e si porta avanti. Fortunata, la squadra di D’Aversa si prende il merito di crederci, di lavorare benissimo in fase difensiva e di concedersi anche qualche lusso in ripartenza che può fare male. Attutito l’inizio sprint dell’Inter che va vicinissima al gol in almeno tre o quattro situazioni (fondamentale Dimarco entrato al posto di Gobbi al 46 che salva sulla linea a inizio secondo tempo) la squadra crociata respira e, con ordine, si difende preparandosi al contrattacco. In una situazione gestita male dall’Inter, Gervinho detta il contropiede che Dimarco – proprio lui – finalizza con un mancino da paura a conclusione di una settimana di gloria. Un gol che neanche nei sogni del ragazzo cresciuto nell’Inter si era materializzato. E forse neanche lui ci crede quando vede il pallone infilarsi sotto il sette e sente il boato dei 600 tifosi giunti da Parma per accompagnare il suo ‘spogliarello’ che si consuma davanti ai 60000 di San Siro attoniti per la prestazione dell’Inter e per la bellezza di un gesto tecnico che condanna Spalletti e i suoi per la seconda volta in quattro partite e che dà al Parma lo slancio giusto per sperare nella salvezza.