A leggere bene tutto quel che si scrive sul futuro dell’aeroporto Giuseppe Verdi sembra di avere tra le mani un referto medico su un caso di psicosi perché del soggetto – uno scalo aereo in questo caso – viene detto tutto ed il suo contrario. Da aeroporto in crescita da cinquantamila passeggeri all’anno, sino ad arrivare a quasi trecentomila, con incrementi addirittura del 100% su base annua per due anni, e questo dal 2005 sino al periodo 2008/2010 – erano gli anni di Vignali, Parma dovrebbe ricordarselo, quando cresceva tutto, reddito, produttività, e pare anche i debiti, e vuoi vedere che non cresce l’aeroporto, anche se allora il bilancio era già in rosso?! – a scalo internazionale attualmente con ben due destinazioni (Chişinău in Moldavia, e Cagliari); questo è lo stato dell’arte. A partire dal 2016 ha segnato un minimo storico di passeggeri con 19.300 per mete quasi tutte marginali e la Sogeap, la società che lo gestisce e che non navigava in acque tranquille da tempo, arriva a chiudere con un passivo di quasi tre milioni e cinquecentomila euro. La situazione andava così bene che da più parti si ventilava di chiudere lo scalo, visto che tenerlo in vita moribondo sembrava accanimento terapeutico. Dopo mesi di morti e miracoli annunciati alla fine, grazie ad interventi e cordate varie, si sono trovati i fondi per continuare a tenergli attaccato il tubo dell’ossigeno, così Parma può dire di avere ancora un aeroporto – anche se perde il confronto con quello di Legoland che ha un traffico di visitatori maggiore – e qualcuno presiede ancora allo scalo che sorge sui prati di Baganzola.
Per farlo uscire definitivamente dal coma si è pensato di trasformarlo in scalo per i cargo, manovra che per la regione ER a guida PD e l’amministrazione locale a guida Effetto Parma sarebbe indispensabile, non solo per il rilancio della struttura, ma per il futuro della città, dei suoi abitanti e dell’economia locale – potrebbe essere che questa ne tragga dei vantaggi, però bisognerebbe valutare esattamente come, visto che in passato, quando per decenni l’economia di Parma funzionava meglio di adesso, la città comunque non aveva uno scalo merci, e quello di Malpensa a 15 minuti di volo e 2 ore di auto da Parma ha sempre svolto la sua funzione.
A completare il quadro arriva Legambiente che nell’Aprile scorso ha fatto notare, con qualche ragione a dire il vero, come la trasformazione dell’aeroporto comporterebbe operazioni non di poco conto dal punto di vista ambientale, quali l’allungamento della pista attuale, la realizzazione di numerosi magazzini, la costruzione di un’area di manutenzione hangar ed di una deposito e manutenzione per aerei privati provenienti da tutta Italia, e per la raccolta merci. Questo andrebbe ad aggiungersi al progetto che destina Baganzola anche a diventare sede di un gigantesco centro commerciale, tra i più grandi della regione. L’ampliamento dell’aeroporto e lo shopping mall combinati creerebbero circa 500.000 metri quadrati di nuovi edifici tra aree di stoccaggio merci ed hangar, e diventerebbero un catalizzatore di traffico di automobili e camion elevato all’ennesima potenza. A ciò va aggiunta la probabile estensione nelle ore notturne della fascia oraria dei decolli e degli atterraggi, con disagi ben immaginabili per i residenti. Il tutto si concentra in una zona già “premiata” dalla presenza dell’inceneritore, fiore all’occhiello dell’amministrazione di Parma e simbolo di progresso dell’umanità, dolente. L’amministrazione, se davvero vuole creare un progetto di sviluppo dell’aeroporto ad impatto zero e a tutela ambientale garantita pensando al futuro dei cittadini che vivono in un’area già duramente provata, farebbe davvero bene a prendere esempio dallo scalo di Legoland a mattoncini colorati.
Insomma, lo sviluppo dell’aeroporto farebbe bene o male alla città? Sembra l’eterna contraddizione a cui del resto Parma non è nuova. La Stalingrado d’Italia – termine improprio perché storicamente tale definizione spetta ad Ortona in Abruzzo – fu la prima città di una certa importanza ad essere conquistata amministrativamente dal M5S nel 2012. Di politiche a 5 Stelle tra tagli alla spesa pubblica, democrazia partecipata a livello zero e avvisi di garanzia taciuti se ne sono viste poche, tanto che l’amministrazione attuale ha pensato bene di uscire in massa dal M5S e crearsi una “nuova” identità ad effetto. Che Parma sia diventata terra di scontro – politicante parlando – come lo fu Stalingrado è innegabile, ma chi sia stato a vincere qui, se le forze dell’armata Rossa o i Nazisti, non si è ancora capito. Che l’amministrazione punti sull’aeroporto per rilanciare la città nel futuro è un fatto. Un altro fatto è quello che se passa il progetto cargo perdono i cittadini.
Alessandro Guardamagna