Studente 15enne in aula spacca il naso all’educatore. Gilda Insegnanti: denuncia penale...

Studente 15enne in aula spacca il naso all’educatore. Gilda Insegnanti: denuncia penale e azione civile contro i genitori

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Con una testata al volto gli rompe il naso. Non è successo in una delle zone più degradate della città, ma in un’aula scolastica. E la vittima non è un compagno di classe, bensì un educatore presente nell’aula durante la lezione. E’ accaduto venerdì mattina in un istituto superiore di Parma. Un ragazzo di 15 anni – cosiddetto certificato proprio perché con qualche problema e quindi bisognoso dell’affiancamento di un educatore durante le lezioni – dopo una discussione ha dato in escandescenze e con una improvvisa testata ha colpito al volto il professionista che lo segue, procurandogli la rottura del naso.

L’educatore ha dovuto subito far ricorso alle cure del pronto soccorso dell’ospedale, dove gli è stata diagnosticata la lesione, giudicata guaribile in 15 giorni. La vicenda ha subito messo in moto la dirigenza della scuola, alla ricerca di una soluzione, e le inevitabili polemiche del caso.

L’episodio è certamente eclatante, ma purtroppo non isolato nelle scuole di Parma. Dove gli episodi di violenza sono all’ordine del giorno. Appena qualche settimana fa, un episodio analogo si è registrato in un altro istituto superiore, protagonisti due ragazzi della prima classe, uno dei quali è finito all’ospedale con il naso rotto.

Sorprende, ma forse non troppo, anche il modo con il quale molti ragazzi tentano di risolvere le loro diatribe: “Devo andare a picchiare quello”. Anche solo perché… “prima mi ha guardato male”. Stupidaggini che potrebbero anche portare a conseguenze spiacevoli.

GILDA INSEGNANTI: DENUNCIAMO I RAGAZZI CHE COMMETTONO QUESTI REATI

Gilda Insegnanti di Parma e Piacenza lo ripete da tempo, ad ogni episodio: “E’ gravissimo che un cittadino maggiore degli anni 14, quindi penalmente perseguibile, nella sua qualità di studente aggredisca un operatore scolastico (in questo caso un educatore) mandandolo in ospedale”, e “pretende il rispetto del codice penale e del codice civile: i cittadini che hanno superato gli anni 14 sono penalmente perseguibili, i responsabili dell’Amministrazione scolastica sono tenuti a segnalare questi comportamenti alle competenti autorità giudiziarie, ed è bene ricordare che qualora ciò non avvenisse sarebbe una grave omissione e non solo la magistratura, ma anche l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna sarebbe chiamato a dover agire contro eventuali omissioni”.

Non solo, la Gilda degli insegnanti di Parma e Piacenza pretende anche che l’Amministrazione scolastica per il tramite dell’Avvocatura dello Stato di Bologna agisca anche civilmente contro chi è responsabile delle azioni e dei danni compiuti dal soggetto violento, che nel caso di un minore sono i genitori o chi esercita la potestà genitoriale.

La scuola non può essere un porto franco dove non si applicano le leggi, in questo caso il Codice Penale ed il Codice Civile” – tuona Salvatore Pizzo, coordinatore della Gilda degli insegnanti di Parma e Piacenza – quando a sbagliare sono i docenti, giustamente, l’Amministrazione consigliata dall’Avvocatura dello Stato si sforza di essere puntuale ed inflessibile, quando si tratta di altri soggetti che aggrediscono ed offendono docenti o altro personale scolastico riscontriamo una scarsa reattività. Pretendiamo di sapere pubblicamente quali azioni hanno compiuto l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna e l’Avvocatura dello Stato di Bologna, se non ci fossero riscontri il problema oltre ad essere giudiziario è anche politico, è ora di dire basta al buonismo“.

1 COMMENTO

  1. La crisi della ‘buona scuola’

    Ma che scuola è quella dove i docenti non si sentono più un punto di riferimento per i genitori ma un facile bersaglio, con violenze di ogni tipo, del primo che passa e si improvvisa pedagogista, psicologo o psicoterapeuta? La scuola è tale quando possiamo parlare del “noi”, quando c’è una comunità scolastica, ovvero quando nel processo di formazione sono coinvolti gli alunni, i genitori, gli insegnanti, il dirigente, il collaboratore scolastico e il sindaco, in quanto rappresentante di tutta la comunità. Poi il bullismo, che non conosce connotazione sociale, è un fenomeno interclassista e largamente diffuso, fatto di violenze e vessazioni incredibili e l’esperienza ha dimostrato che lo scenario principale in cui trova principale collocazione, è il contesto scolastico.

    Oggi le famiglie che vogliono educare diversamente i propri figli sono in difficoltà, a volte sembra che tutto sia dovuto, non considerando che, ‘il merito’, da sempre ha costituito l’aggregante della nostra civiltà.  Occorrono maggiori strumenti agli insegnanti per intervenire sui comportamenti aggressivi sempre più frequenti dei ragazzi, coinvolgendo alcuni genitori che devono ridiventare educatori e non fans dei propri figli. In Italia da tempo la scuola non è più vissuta come una comunità educante, ma un luogo dove i genitori sono interpellati solo per partecipare a riunioni, dove tutto è già stato deciso. Ad escludere mamme e papà dal processo di formazione è stato il ministero dell’Istruzione, quello attuale e quelli degli ultimi anni: nessuno ha avuto il coraggio di mettere in discussione gli organi collegiali (consigli di classe, d’interclasse, d’istituto). E’ evidente a tutti che questi strumenti abbiano fatto il loro tempo, vanno individuate nuove forme di reale partecipazione.

    Abbiamo anche i docenti più anziani d’Europa e tra i meno pagati e molti, loro malgrado, non hanno mai ricevuto una formazione psicologica o pedagogica. Non possiamo però permettere che siano bistratti o non considerati. Se non vanno bene, non si aggrediscono, si cambia scuola. Così dovrebbe accadere, riconoscendo in positivo, il ruolo di chi insegna.

    Rino Basili

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