Ha vissuto un anno nel reparto di Neonatologia del Maggiore e quando è volato in cielo, attraverso i suoi genitori e la generosità di un intero paese, si è ricordato di quella grande famiglia che lo aveva adottato. Mamma Francesca e papà Matteo, al momento dei funerali del piccolo Alessandro alla chiesa parrocchiale di Sorbolo, avevano chiesto l’aiuto del paese per i piccoli pazienti dell’ospedale. Che adesso si è concretizzata con la donazione di un’apparecchiatura per decongelare e riscaldare il latte materno e un mastosuttore, un tiralatte professionale, per la struttura di Neonatologia e terapia intensiva neonatale dell’Ospedale dei Bambini.
Alla consegna c’erano mamma Francesca Grandi, papà Matteo Grisenti e Arianna, la sorellina di Alessandro, i nonni materni e paterni. Ma anche Sandra Boriani, vicesindaco di Sorbolo, e le tate dell’asilo Acchiappasogni, Martina e Alessia.
“L’ottima riuscita dell’iniziativa di raccolta fondi – spiega Sandra Boriani – ha significato un grande riconoscimento e ringraziamento che la comunità Sorbolese ha voluto dare ad Alessandro per quanto ha regalato alla sua comunità e più in particolare ai suoi amici e compagni dell’Acchiappasogni. Lui ha donato a tutti noi, il suo sorriso, la sua positività, la sua voglia di vivere, ma soprattutto ha insegnato ai nostri bimbi e alle proprie famiglie che la “diversità” può essere un valore aggiunto se “inclusa” e questo è un valore educativo molto bello e importante per il vivere quotidiano e il futuro dei nostri bimbi”.
Ed è stata proprio Francesca che ha voluto portare personalmente i doni in reparto. “Il decongelatore professionale – spiega Cinzia Magnani, direttore della Neonatologia – oltre a rispondere agli stringenti requisiti igienici e sanitari della nostra unità operativa offre la possibilità alle nostre mamme di avere sempre a disposizione il latte per i loro piccoli, a una temperatura di trentasei gradi, simile a quella corporea, così da preservare sostanze nutritive e vitamine”.
Un ringraziamento per la donazione arriva da tutti i professionisti della struttura e dal direttore generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Massimo Fabi.
DA MAMMA A MAMMA, LA LETTERA DI FRANCESCA
A tutte le mamme che entrano in questo reparto vorrei raccontare la mia storia. Mi chiamo Francesca e il 6 luglio 2010 ho partorito 2 gemellini di 24 settimane, Cristian e Alessandro. Ho deciso di scrivere queste poche righe perché so cosa significa essere nel reparto di maternità e vedere le altre mamme andare a casa con i propri bambini.
Noi invece dobbiamo varcare questa porta e combattere con e per loro per portarli a casa. Cristian morì il 9 luglio 2010, mentre Alessandro dopo 359 giorni di ricovero riuscì a tornare a casa. Quello che voglio dirvi care mamme è molto semplice: so cosa vuol dire l’attesa, la speranza di avere buone notizie, il girarsi ogni volta che la porta si apre nella speranza che sia un medico che viene li da voi a darvi notizie. Cosa mi hanno insegnato 359 giorni in questo reparto? Innanzitutto che le infermiere sono state le mamme del mio bambino Alessandro, che purtroppo non siamo né noi né i medici a decidere quello che sarà il destino dei nostri bambini, decideranno loro.
Quindi mamme ascoltate quello che vogliono dirvi i vostri bambini, non smettete di guardarli negli occhi, non lasciateli mai soli e capirete quello che vi stanno dicendo. Un giorno un’infermiera mi disse ”c’è un motivo perché questi bambini vengono donati a determinate mamme”. Ed è proprio così. Alessandro è vissuto nella gioia e nel sorriso per 7 anni, ha fatto tutto ciò che facevano i suoi compagni nonostante la sua disabilità. Ha vissuto la sua breve vita in tutta la sua pienezza, senza limiti e barriere, io da mamma non ho fatto altro che mettere da parte le mie paure per farlo vivere e decidere della sua vita. Alessandro ci ha lasciato il 2 agosto di quest’anno. E sono sicura che anche per questo c’è una ragione, devo ancora capire qual è, ma sono sicura che se ne è andato felice vivendo a 2000 e io che sono rimasta su questa terra ho deciso di vivere come avrebbe vissuto lui, come se fosse ancora qua a guidarmi.
Francesca Grandi