“Parma si è svegliata dopo le elezioni del 4 marzo con la consapevolezza che anche qui è cambiato tutto e il centrosinistra è ormai minoranza, non solo in città, ma anche negli orientamenti nazionali”.
L’ex candidato sindaco Paolo Scarpa, ora consigliere comunale di Parma Protagonista, rompe il silenzio sul Pd parmigiano che durante le amministrative del 2017 ha sostenuto il candidato.
“L’anomalia di Parma, dal 1998, era che qui perdeva alle Comunali (dal 1998 di Stefano Lavagetto, sino alla mia sconfitta del 2017), ma alle politiche, come alle regionali la maggioranza relativa era stabilmente confermata al centrosinistra. Questo non è più. Il vento nazionale del disagio, della protesta, del bisogno di cambiamento ha relegato anche Parma a città politicamente neo-lombarda, capace di eleggere ben tre parlamentari della Lega (addirittura cinque, comprendendo la provincia), dopo che nella scorsa legislatura Parma era rappresentata da tre esponenti del Pd, ora ridotti a zero.
La nostra avventura alle elezioni comunali del 2017, alla luce del risultato di domenica, può forse essere riletta come una missione impossibile, in una città che decreta come primo partito i Cinque Stelle e come prima coalizione quella di centro destra. Se il voto cinquestelle alle amministrative di giugno 2017 era al 2 per cento e dopo otto mesi passa al 25, è per lo meno probabile che quel voto sia il vero zoccolo duro dell’ ”eretico” Pizzarotti, eretico forse per Grillo e Di Maio, ma non per gli elettori, che però non lo seguono se si accoda al Pd.
Il voto di domenica ha quindi segnato uno stop al moto di convergenza politica tra il movimento di Pizzarotti e il Pd, i suoi vertici regionali in particolare. Un segnale che deve fare riflettere il Pd, che vede per la prima volta in discussione la sua egemonia in Regione e che potrebbe illudersi di ricucire il rapporto con gli elettori attraverso accordi sottobanco. Ma c’è anche un Pd che questo accordo dimostra di non volerlo, c’è un gruppo consiliare Pd che esercita con serietà un’opposizione non pregiudiziale, c’è chi vede il pericolo di cavalcare un ibrido post ideologico che ha poco o nulla di sinistra se non qualche proclama comunicativo. Ed è quel Pd che orgogliosamente si domanda quale identità sia rimasta a questo partito e cerca di ricucire un rapporto con la propria cultura politica.
Il Pd dica a Parma se sta di qua o sta di là. Se è in maggioranza con Pizzarotti, o se è opposizione. In politica si può cambiare idea, non scandalizzerebbe, ma il rispetto verso gli elettori impone che non ci sia spazio per l’ambiguità. Il Pd lo dica dopo un confronto aperto, democratico, come è nella sua stessa natura, partendo dai temi, dalle proposte, dalle strategie a lungo termine. I non detti, le ipocrisie sono utili solo a creare confusione o a fare crescere il voto di destra. Fanno male le divisioni, le delegittimazioni, il principio del “il nemico del mio avversario interno è mio amico”. Fanno male a tutta la sinistra, che deve ritrovare unità sulla politica, come si è visto nel voto di domenica, ma, paradossalmente, fanno male anche al movimento di Pizzarotti, che si sta giocando pezzi significativi di credibilità.
Per il centrosinistra la consapevolezza di essere minoranza può non essere affatto un male, a Parma come a Roma, se sa tradursi in occasione di una riflessione vera, tra orgoglio e umiltà, per tornare a battersi sui suoi temi: il lavoro, l’ambiente, la coesione sociale, la cultura. Il centrosinistra di Parma deve guardare con preoccupazione, ma anche lucidità, a ciò che avviene a destra, dove stanno cambiando molte cose e la Lega soppianta quanto rimane di Forza Italia, presentando gente nuova, non legata al passato ingombrante del centrodestra parmigiano, che si sporcò le mani con gli scandali dell’era post-ubaldiana.
C’è infine una chiave di lettura del voto che è di natura etica, e ha penalizzato soprattutto il partito di Berlusconi, al nord come al sud, ma ha anche punito il Pd a cui i suoi elettori non perdonano i vari De Luca, le Consip, le Banche Etruria, ecc. Ritengo che etica non sia solo “non rubare”, ma sia anche coerenza e chiarezza del messaggio, sia chiamare le cose con il loro nome, evitare i cosiddetti inciuci consumati nelle stanze del potere. Anche a Parma il primario bisogno è una politica trasparente che riconsegni dignità alla democrazia e ristabilisca un rapporto di fiducia tra partiti e persone”.