Prendiamo spunto dagli articoli pubblicati in questi giorni sulla prossima apertura dello Shopping District in zona Fiere, per rinnovare alcune considerazioni che da tempo la nostra Associazione sta cercando di far comprendere a questa città. Nei suddetti articoli, infatti, quando si parla ad esempio di “53.000 mq di superfice commerciale” con “circa 170 negozi” in un contesto dal “design contemporaneo e innovativo con gallerie inondate dalla luce naturale e spazi lounge dove incontrarsi e rilassarsi uniti ad un’ampia ed esclusiva offerta di shopping, un’importante area di ristorazione, un supermercato, servizi e attività di intrattenimento”, “facilmente accessibile”, “circondato da ampi spazi verdi e da oltre 5100 posti auto” si descrive, in modo molto chiaro, una nuova città. Alla luce di quanto sopra torniamo a porci la stessa domanda che facciamo ormai da 10 anni: per far nascere questa nuova città quale prezzo dovrà pagare Parma?
I dati di cui disponiamo parlano chiaro: il saldo nati-mortalità nel commercio (-118 nel 2017 secondo i dati della Camera di Commercio di Parma) conferma il perdurante trend negativo degli ultimi anni; un dato preoccupante che se sommato ai 128 negozi sfitti presenti nei soli principali assi del centro storico, si traduce in diverse centinaia di posti di lavoro persi, intere famiglie senza reddito. Un numero destinato ad aumentare se consideriamo anche i comuni limitrofi. Sicuramente la nuova apertura di Baganzola creerà ulteriori spazi vuoti all’interno del tessuto commerciale e , forse per la prima volta, non solo colpendo i negozi tradizionali ma aggredendo anche le realtà della grande distribuzione presenti già nella nostra città e in comuni come Fidenza con il rischio, entro pochi anni, di lasciare a carico della collettività, una serie di “cattedrali nel deserto” difficilmente riutilizzabili, come peraltro sta già avvenendo da diversi anni in America. Il risultato è un’equazione preoccupante: ex siti industriali vengono rigenerati per creare a breve ex siti commerciali abbandonati. È importante domandarsi inoltre se i consumi generati all’interno di questi grandi centri commerciali si riversino sul territorio che li ospita o se, come in realtà avviene, siano a vantaggio dei bilanci delle grandi catene internazionali o nazionali che hanno sede per lo più all’estero e, se in Italia, a Milano o a Roma.
Riteniamo dunque sia fuori luogo usare toni trionfalistici ogni qual volta una grande struttura commerciale apre , ma si debba valutare , in particolare gli amministratori pubblici, se il saldo di questi investimenti per Parma sia positivo o negativo. Per questo chiediamo, attraverso progetti già presentati e altri ancora da presentare all’Amministrazione comunale e ai nostri associati, un’inversione di tendenza che porti a dare il giusto valore al negozio tradizionale, attraverso politiche che, utilizzando la leva fiscale e con investimenti che qualifichino i centri storici rendendoli accessibili, sicuri e attrattivi, permettano di riavvicinare clienti e turisti. Al contrario, continuare a favorire la creazione di attrattori posizionati fuori dalle aree urbane non farà altro che svuotare e impoverire le nostre città e in definitiva la nostra qualità della vita.
Vittorio Dall’Aglio
Presidente Ascom Parma