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Al bar o a fare shopping invece che al lavoro: tre dipendenti dell’Università a giudizio. Si chiude con un’assoluzione, un patteggiamento, un rinvio a giudizio

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S.L, 52 anni, tecnica di fisica sanitaria, faceva shopping, oppure andava a cavallo. C.D., 48 anni, suo collega, si divideva tra i bar e i negozi. M.D., 51 anni, tecnico di patologia generale, andava sempre in palestra. M.D., 46 anni,  dipendente di Neuroscienze, si divideva tra la madre malata e le piccole necessità di casa.

Tutto rigorosamente mentre risultavano sul posto di lavoro, all’Università di Parma, a Medicina. 

I quattro, beccati da un’inchiesta della Finanza che li ha seguiti da gennaio a dicembre del 2015, sono stati licenziati in tronco dall’Ateneo. Poi per loro era stato chiesto il rinvio a giudizio, mentre era stata immediatamente stralciata la posizione di un quinto indagato.

S.L., oggi 53 anni, ha già chiuso la propria posizione patteggiando un anno di reclusione, pena sospesa.

Per gli altri tre, l’udienza si è tenuta la mattina di giovedì primo marzo e si è chiusa con un patteggiamento un rinvio a giudizio e un’assoluzione.

M.D, che correva a casa della madre ad assisterla, o a somministrarle farmaci, aveva fatto rilevare 15 ore di assenze, ma ben di più ne aveva lavorate “extra”, quindi l’ateneo non si è costituito parte civile. E’ stata assolta, in vista dell’udienza davanti al Tribunale del Lavoro per ottenere il reintegro.

Reintegro che vorrebbe anche C.D., accusato di lunghe soste a bar: è stato rinviato a giudizio, ma ha già rimborsato l’università per le ore di “assenza sotto badge”, poco più di 500 euro e punta al ritorno al proprio posto di lavoro.

Nel reintegro non puà invece sperare il 52enne beccato andare in palestra dopo aver timbrato:ha patteggiato un anno, 600 euro di multa e la sospensione della pena. Ma dovrà trivarsi un altro lavoro.

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