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Ndrangheta, il figlio del boss inguaia Gigliotti: “Soldi per aiutare mio padre al 41bis”

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Francesco Farao, il figlio del boss dell’Ndrangheta Giuseppe Farao, in carcere in regime di 41 bis, dopo l’arresto ha iniziato a collaborare con il Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri, titolare dell’operazione Stige.

Con le sue parole sta aiutando la magistratura a ricostruire il presunto scenario criminale che ruota attorno alla cosca Farao-Marincola, al centro dell’indagine che ha portato a numerosi arresti, tra cui quattro a Parma.

Uno degli arrestati, l’imprenditore Franco Gigliotti che, secondo l’accusa, avrebbe favorito la cosca anche con l’assunzione di persone che ne fanno parte, tramite alcune società create ad hoc.

Le parole di Farao confermano sostanzialmente il quadro accusatorio nei confronti dell’imprenditore: “Nel periodo in cui mio fratello ha iniziato a lavorare per Gigliotti – ha detto il pentito – era solito tornare da Parma con soldi in contanti che Franco Gigliotti li consegnava per il sostentamento carcerario di nostro padre Giuseppe Farao“.

Anche sulle assunzioni di esponenti della cosca il pentito ha confermato le accuse degli inquirenti: “Mio fratelli Vittorio ed altri non erano assunti direttamente da Gigliotti ma lui era solito costituire altre società, formalmente intestate a terzi: queste società assumevano gli accoscati o i figli degli accoscati, come nel caso di mio fratello Vittorio e di Marincola”.

Secondo la ricostruzione del pentito a Parma si sarebbero recati, in varie occasioni, alcuni esponenti della cosca: in cambio dei favori l’imprenditore avrebbe avuto alcuni vantaggi, ovvero la possibilità di investire e fare affari in Calabria.

Franco Gigliotti, nel carcere di via Burla dal 9 gennaio, ha respinto ogni accusa a lui imputata davanti al Gip.

 

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