Allevamenti chiusi e animali selvatici, l’allarme di Coldiretti

Allevamenti chiusi e animali selvatici, l’allarme di Coldiretti

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Coldiretti lancia l’Sos per gli allevamenti dell’Emilia Romagna dove negli ultimi dieci anni sono scomparsi più di 300 mila animali, tra mucche, pecore e maiali con la chiusura di quasi 5.000 allevamenti. Pesanti ovviamente i contraccolpi – sottolinea l’organizzazione di categoria – in termini di occupazione, di spopolamento delle aree interne e montane, di rischi per il primato dell’enogastronomia del made in Italy a causa dell’aumento della dipendenza dalle importazioni di carni, salumi e latte.

L’allarme di Coldiretti Emilia Romagna arriva in occasione della tradizionale benedizione degli animali nel giorno di San Antonio Abate – mercoledì 17 gennaio – che coinvolge allevamenti e animali d’affezione. A Parma, in particolare, una benedizione si terrà alle 11, nel Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie dell’Università, in via del Taglio 8, e sarà impartita dal Cappellano dell’Ateneo, don Umberto Cocconi. La partecipazione è aperta a tutta la cittadinanza che voglia portare con sé i propri animali domestici, per far loro ricevere la benedizione.

Tornando alla questione allevamenti, secondo i dati della Regione – informa Coldiretti Emilia Romagna – dal 2000 ad oggi nelle zone montane sono scomparsi il 22 per cento dei prati pascoli, con un ritorno della macchia boschiva che ha determinato il proliferare incontrollato di animali selvatici che ormai invadono anche territori più a valle, comportando pesanti danni proprio sul fronte degli allevamenti, con i cinghiali che danneggiano i campi di foraggio rendendo impossibile agli allevatori l’utilizzo di fieno del territorio.

Mauro Tonello

La crescita di cinghiali, caprioli, daini e cervi ha comportato il proliferare anche di predatori come i lupi, ma soprattutto di canidi ibridi tra lupi e cani, che rivolgono le loro attenzioni anche a pecore e vitelli. Solo nell’ultimo anno – afferma Coldiretti Emilia Romagna – si è avuta notizia di 350 capi uccisi dai predatori, tra vitelli e pecore. Inoltre, ricorda l’organizzazione di categoria – gli animali, a causa dello stress provocato dagli attacchi, riducono drasticamente la produzione di latte, con pesanti tagli al fatturato aziendale.

Nelle zone montane e collinari – afferma il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonelloè cresciuto in modo esponenziale uno squilibrio tra animali allevati, animali selvatici e predatori, che sta esasperando gli agricoltori e gli allevatori. Poiché il Piano Faunistico regionale prevede misure di controllo nel caso che nelle zone di media montagna e di collina i danni superino determinati livelli, occorre che tali misure non restino più solo sulla carta ma diventino operative”.

Sulla vicenda dei lupi – dice il direttore regionale di Coldiretti, Marco Allaria Olivierioccorre cominciare a pensare seriamente ad un piano che consenta di salvare pecore e lupi. Infatti sull’Appennino emiliano romagnolo, ancor più numerosi dei lupi ci sono gli ibridi, cioè di capi nati dall’incrocio con i cani. Mentre sarà importante contenere la popolazione di lupi come prevede il Piano nazionale, occorrerà intervenire decisamente per eliminare la presenza e la diffusione dei canidi e salvare il reddito degli allevatori e salvaguardare lo stesso patrimonio di biodiversità rappresentato dal lupo (specie canis lupus) del nostro Appennino”.

Secondo Coldiretti è necessario cominciare ad operare sul fronte indicato da Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che per evitare l’estinzione della specie lupo prevede di attivare rapidamente misure per la cattura e la sterilizzazione dei capi non appartenenti alla specie canis lupus e, nel caso questo non fosse possibile, bisognerà pensare di attuare la raccomandazione dell’Unione europea che per salvaguardare prioritariamente il lupo prevede anche l’abbattimento degli ibridi. Contemporaneamente è anche necessario da parte dell’ente pubblico – sostiene Coldiretti Emilia Romagna – garantire il sostegno economico-finanziario per una adeguata attività di prevenzione (indispensabile per ottenere il risarcimento dei danni) e assicurare efficienza ed efficacia nel sistema di accertamento e risarcimento dei danni per garantire un completo reintegro della perdita di reddito affinché la convivenza tra l’animale e l’uomo non porti all’abbandono dell’attività di allevamento. Non sarebbero solo gli allevatori a perderci, ma l’intera comunità poiché – conclude Coldiretti regionale – i pastori attraverso la loro opera conservano e valorizzano la montagna e le sue tradizioni.

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