Premio Sant’Ilario, così parlò Federico Pizzarotti

Premio Sant’Ilario, così parlò Federico Pizzarotti

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Non c’è Sant’Ilario senza il tradizionale discorso del sindaco alla città e Federico Pizzarotti non si è voluto sottrarre a questa tradizione, proponendo non solo quello che sarà l’impegno della sua amministrazione, ma anche un appello alla città.

Concittadini e autorità, buongiorno a tutti.
Benvenuti alla cerimonia di Sant’Ilario patrono di Parma e dei parmigiani, giunta alla sua 31esima edizione, a testimonianza di quanto sia per tutti noi una sentita tradizione.
Ringrazio per la presenza le istituzioni, e assieme a loro le forze imprenditoriali e della società civile.
Ringrazio chi ha ricevuto la civica benemerenza e il premio Sant’Ilario, perché con la propria attività unita al sapere, all’esperienza e al grande impegno, ha contribuito a rendere Parma una città ambiziosa e vitale.
Impegno ed esperienza sono i fondamenti su cui è stata edificata la città, unite da un’ideale: fare sempre un passo oltre.
Chi possiede un’idea che nel mondo non è ancora nata; chi mette la propria scienza a disposizione di tutti; chi destina parte del proprio tempo al servizio degli altri; chi non è mai sazio di entusiasmo; chi è capace di trasformare una sconfitta nell’inizio di un nuovo cammino:
il Sant’Ilario è dedicato soprattutto a voi!
Anche oggi il tempo e la storia esigono da parte di tutti noi un passo oltre.
Oggi si apre una nuova stagione della vita e della politica di Parma.
Una stagione il cui bilancio vanta un attivo di successi, ma che registra al passivo criticità sulle quali dobbiamo intervenire.
D’altra parte, la vita di una città è un continuo progredire: come istituzioni puntiamo al progresso facendo del nostro meglio, attenti a non trascurare le aspettative delle persone che bussano alla porta del Comune.
Oggi, in ogni caso, si dà inizio al secondo tempo di una sfida aperta cinque anni fa.
Nel 2012 abbiamo preso il timone di una città in grande difficoltà: rispetto ad oggi, altre erano le sfide che ci attendevano, mentre l’epoca in cui viviamo era appena agli inizi.
Quando dico “un’altra Parma”, intendo una città che guardandosi allo specchio si era rivelata a se stessa. Certo, bella come sempre, vitale senza ombra di dubbio, ribelle e battagliera come è stata nella sua storia. Ma vulnerabile e fragile:
si era riscoperta debole e piegata dai suoi stessi errori.
Per un sindaco non è facile fare ad alta voce queste riflessioni, tanto più in un giorno di festa, ma è doveroso e necessario.
Come in ogni fase della vita avere coscienza delle proprie debolezze, delle occasioni perse, degli errori fatali, è il primo passo per rifiorire.
Molti di noi hanno vissuto il tempo in cui si cade, seguito dal tempo in cui ci si rialza.
Ecco, il primo tempo di questa sfida è stato esattamente quel momento: la caduta, seguita da una forte volontà di rialzarsi.
È stato un impatto forte, e sono stati anni davvero intensi quelli che ci hanno portato sin qui.
Se mi chiedete, se ci chiediamo, “Che cosa ci hanno lasciato?”,
rispondo senza alcun dubbio: una maggiore maturità.
Non lo dico con spirito personale, non parlo solo di me in quanto sindaco.
Parlo di tutti noi, parlo di Parma: oggi viviamo in una città più matura, consapevole delle energie individuali, collettive e culturali che è in grado di esprimere.
Parma si è fatta spazio in un mondo fatto di città competitive e in corsa per diventare centri vitali e di progresso.
Il periodo che viviamo, marchiato dalla globalizzazione, è caratterizzato dall’emergere delle città come motore di sviluppo dei popoli e delle Nazioni.
Per quanto possa sembrare paradossale è proprio così: la crisi degli Stati nazionali coincide con la fioritura e la crescita delle più competitive città del mondo.
Consapevoli di questa rapida evoluzione, abbiamo messo in fila i fantasmi di Parma. Affrontandoli uno per uno.
Rapidamente, diamo loro un nome: debito pubblico; divario strutturale e arretratezza tecnologica delle scuole; cementificazione selvaggia; crisi del Teatro Regio; lenta dispersione del prestigio di Parma in Italia e in Europa; isolamento politico e istituzionale della città.
Sono stati i fantasmi maggiori, che a cascata ne hanno alimentati altri.
Affrontandoli la città ha vinto una prova difficile che i più davano per persa: superare le difficoltà e tornare protagonista nel Paese.
Dal palco del Paganini ci siamo lasciati nel 2017 con queste parole:
Per quanto grande e complicato sia questo mondo, nessuno potrà toglierci la soddisfazione di dire: c’è ancora tanto da fare, ma questa è la strada giusta.
Ed è da quelle parole che oggi inizia il secondo di tempo di Parma, che racconta di un progetto ambizioso.
Recuperato il divario che ci separava dalle città leader nel cammino del progresso, iniziamo il 2018 avendo davanti a noi un preciso obiettivo:
Fare di Parma una città compiutamente internazionale, laboratorio di modelli all’altezza delle più importanti città d’Europa.
Portare le qualità di Parma nel mondo, e le qualità del mondo a Parma, sarà l’ultimo atto di un percorso politico decennale.
Sarà una sfida faticosa e difficile, che giocheremo oltre i confini regionali e nazionali.
Una sfida già iniziata, che impegnerà Parma nella sua totalità. Impegnerà tutti: la Giunta, il Consiglio Comunale, imprenditori, lavoratori, commercianti, mondo universitario e sistema sanitario, che deve mantenere alto il suo livello di eccellenza, e assieme alle istituzioni puntare a nuovi percorsi di crescita e sviluppo della ricerca e della tecnologia.
Ogni centro di vita, di cultura e di sapere;
ogni singolo atomo di questa grande e ambiziosa città sarà chiamato a esserci: è il tempo di prepararsi.
È comunque una sfida alla nostra portata: siamo nati e viviamo nella città dei duchi e delle duchesse, coi loro palazzi eleganti e sfarzosi; siamo quelli della città di Giuseppe Verdi, di Arturo Toscanini, di Pietro Barilla; ma la nostra è anche la città di Padre Lino, di Guido Picelli, di Mario Tommasini, dei borghi e delle barricate; città nobile e al tempo stesso umile e solidale: una città che ha saputo essere sempre un passo oltre.
Il primo atto è stato compiuto nel settembre scorso, quando ci siamo candidati al titolo di Capitale Italiana della Cultura 2020.
Presto si conoscerà il nome del vincitore. Se non dovesse essere Parma, abbiamo progetti su cui continueremo a lavorare, presentandoci agli occhi dell’Italia e dell’Europa: 32 ambiziose idee che abbracciano arte, cultura, letteratura, musica e storia, e che troveranno vita in ogni edificio storico della città.
Il succo del discorso, però, è un altro:
ancora una volta, forse la più importante, la città intera si è stretta attorno a un’unica idea mostrando coesione e maturità.
È vero: in una città ognuno vive la propria vita, ma per quanto le strade di ognuno di noi siano differenti e lontane, unite formano un percorso.
Così deve essere, soprattutto nell’epoca della “confusione globale”: la città è la somma di tante storie.
Perciò invito tutti a dimenticare i litigi della politica, le contrapposizioni a prescindere, ogni sentimento di divisione:
parliamo di Parma e facciamolo bene, perché tutti siamo chiamati a essere interpreti e protagonisti della nuova sfida:
il bottegaio che alla mattina alza la saracinesca; l’assessore che al pomeriggio studia come migliorare la vita di un quartiere; l’imprenditore che la sera rincasa dopo aver salutato i suoi dipendenti; l’operatore che la notte pulisce le strade.
Anche il Comune di Parma è chiamato a fare la sua parte, e sul piatto del cambiamento propone nuove importanti riforme:
a cominciare dal turismo e dalla promozione internazionale, porte d’accesso alla parte di mondo vivo e produttivo.
Investire sulla promozione internazionale significa dare una seconda vita a Parma: la prima è quella della quotidianità, scandita dai ritmi della vita e del lavoro della sua gente; la seconda è la vivacità e l’energia di una città con zaino in spalla, che viaggia, inventa, investe e crea, e che nulla ha da invidiare alle grandi d’Europa.
C’è poi una cosa che noi parmigiani, uniti, sappiamo fare bene:
offrire e promuovere la nostra tradizione.
Si può scegliere di rimanere piccoli vivendo della propria luce e subendo il progresso delle altre città, oppure farsi spazio governando il cambiamento in atto.
Gli ultimi passi di questo cammino sono stati importanti: a fine dicembre è stata presentata alla città la Fondazione Unesco, con il compito di promuovere attività e iniziative legate all’immagine di città della Gastronomia; si è poi dato vita a una cabina di regia legata al turismo, composta dal Comune, da nomi illustri del tessuto economico e dalle istituzioni, finalizzata a promuovere iniziative enogastronomiche di respiro nazionale e internazionale su tutto il territorio.
Siamo in marcia e non ci fermiamo, anche se c’è una questione che va precisata.
Churchill infatti diceva:
“Senza tradizione, l’arte è un gregge di pecore senza pastore. Ma senza innovazione, è un cadavere”.
Decliniamo le sue parole su Parma: la tradizione è dentro di noi, va colta ed espressa in tutta la sua potenza.
L’innovazione invece è tutta da inventare.
Per essere competitivi all’esterno dobbiamo esserlo anche all’interno, recuperando il gusto e il coraggio di provare a fare cose sempre più grandi. E il cambiamento non può avere luogo senza la garanzia di una città sostenibile e di qualità, sotto ogni aspetto.
Avere servizi più efficienti; risparmiare sull’illuminazione pubblica; riportare in vita un edificio storico, aprire una nuova scuola o creare nuovi spazi per i giovani:
sono tutti segnali di una città sostenibile, attrattiva, dinamica e inclusiva.
Se la società corre, noi non freniamo ma ci mettiamo al passo. Le nostre politiche avranno successo solo quando all’idea assoceremo la concretezza del saper fare, non avendo paura di compiere vere rivoluzioni in alcuni settori chiave.
Per questo da oggi e per i prossimi anni saranno almeno due i cambiamenti di Parma:
1) la rigenerazione urbana, 2) e la riforma dei servizi e della qualità di vita della città, che da provincia emiliana ambisce a essere città europea.
La rigenerazione urbana sarà visibile soprattutto nelle periferie di Parma, che nei prossimi 10 anni cambieranno volto: ben quattro milioni di metri quadrati continueranno a essere suolo agricolo, mentre aree di profondo degrado diventeranno luoghi di cultura, vita e socialità, come ad esempio l’ex Star a Corcagnano, l’ex Bormioli e l’ex Manzini-Pasubio al San Leonardo. Ma come questi ultimi, tutti i quartieri avranno i loro piccoli e grandi interventi.
Al risveglio di queste strutture, infine, legheremo il ritorno alla vita degli edifici monumentali e dei luoghi di tradizione, come l’Ospedale Vecchio, il Parco Ducale, i Chiostri del Correggio, la Cittadella, e come noterete quando transitate da via Mazzini, il ponte Romano.
Rigenerare significa ridare battito e cuore a scheletri di cemento. Per noi, in più, significherà unire la vita del centro storico con le anime della periferia, ridando valore e benessere a luoghi che rappresentano il nostro passato.
E poi il grande cammino che in parte abbiamo già intrapreso, e che in parte proseguirà dopo di noi: migliorare la qualità della vita dei parmigiani, sfruttando la carta dell’innovazione e dell’evoluzione tecnologica.
Le cosiddette smart cities, le città intelligenti, costituiscono la vera sfida che i Governi di tutto il Mondo stanno affrontando. Fino a vent’anni fa sembrava assurdo anche solo pensare di migliorare la qualità dell’aria, ridurre il cemento aumentando gli spazi verdi, utilizzare telecamere in ogni angolo delle strade, monitorare il flusso delle automobili, autoprodurre energia limitando l’utilizzo delle materie prime, connettere le periferie al centro, e le città tra loro nel più breve tempo possibile.
Non sarà una sfida semplice né breve, ma è una sfida che dobbiamo vincere.
Il primo salto avverrà a partire da quest’anno, con lo sviluppo di una nuova mobilità.
Non significa cambiare senso di marcia alle strade, o realizzare nuove rotonde, ma compiere una vera e propria rivoluzione copernicana: da provincia italiana ambiamo a essere una città europea della mobilità.
Avremo il centro più pedonalizzato, agevolazioni per l’utilizzo delle auto elettriche, limitazioni al traffico più stringenti; daremo priorità assoluta alla qualità dell’aria, alle linee di trasporto urbano elettriche; incrementeremo le piste ciclabili intelligenti, il bike sharing e il car sharing.
Una città immobile è destinata al crepuscolo: pensate, ad esempio, alla crescita di Milano e al declino di Roma. Al contrario, una città che evolve mostrando un pizzico di impopolarità per scelte coraggiose, richiama a sé interesse, attenzione e investimenti.
Nelle scelte politiche si può agire da timidi o insicuri, in modo da non scontentare nessuno. Oppure si può decidere di essere audaci e determinati: noi scegliamo questa seconda via, perché in gioco c’è il futuro di Parma.
Riassumendo, ricordo a tutti noi le tre sfide che ci attendono a partire da oggi:
i. Essere competitivi all’esterno, mediante la promozione internazionale del turismo, della cultura, delle eccellenze del territorio;
ii. Essere competitivi all’interno, con la rigenerazione del contesto urbano, con la rivitalizzazione delle grandi testimonianze architettoniche del passato;
iii. Infine, il miglioramento della qualità della vita e dei servizi, per ambire a essere sempre più una città europea.
Ecco, finora abbiamo parlato di cosa vuole fare Parma da grande, e penso che siamo stati abbastanza chiari e netti.
Ora vorrei parlare dei parmigiani, perché una città non è plasmata solo da progetti, palazzi, strade o piazze, ma dalle sue mille vite. E parlarne è la cosa più difficile.
È difficile, perché quando la politica incontra la vita delle persone sembra sempre non arrivare alla méta. Sul piano della fiducia, per ogni passo avanti compiuto si rischia di farne tre indietro.
D’altra parte le ultime elezioni comunali hanno rappresentato un segnale forte in tutta Italia: l’affluenza ha registrato un livello basso.
Le cause superano i confini delle città, ma noi non vogliamo né dobbiamo ignorarle. Perciò liberiamo il campo dai fraintendimenti: se la politica che parla e non fa cerca sempre alibi, noi a Parma puntiamo alle soluzioni.
Le infiltrazioni mafiose nel territorio, contro cui le istituzioni si mostreranno ancora più risolute e robuste; il fenomeno migratorio non pienamente controllato; la microcriminalità negli angoli di alcuni quartieri; l’impotenza e arretratezza delle leggi italiane di fronte ai problemi del periodo storico; il grande conflitto tra occupazione e disoccupazione; la mancanza di un tetto per ogni famiglia.
Alla fine i sindaci si trovano sul tavolo più domande che risposte; più dubbi che certezze; più rabbia che serenità.  
È vero, fornire soluzioni ai problemi è il compito di chi fa politica. Ma questa volta in Italia e in Europa c’è di più: una mancanza di fiducia, la convinzione che la politica non sappia più indicare soluzioni, né dire apertamente da che parte stare.
La fiducia è essenziale per fare di Parma un luogo migliore. Allora dobbiamo essere chiari. È vitale riaffermare che la politica, come il Consiglio Comunale, devono continuare a essere il terreno fertile in cui seminare il domani di ogni parmigiano: donna o uomo di ogni età, condizione sociale, cultura e orientamento politico.
A chi pensa di non avere più nulla da raccontare al mondo, a chi scappa dall’Italia perché ritiene che il Paese non abbia più niente da offrire, a chi si rifugia nel ricordo dei fasti del passato, a chi rinuncia a progettare il futuro perché tanto “la situazione non cambia”: a queste persone dobbiamo dire, insieme, che per tutti c’è sempre un domani.
Poco tempo fa mi aveva scritto una signora, che chiamerò Laura:
“Carissimo sindaco della città in cui sono nata e vissuta – scrive – io sono una tra quelle persone che a dicembre si troverà senza lavoro. Ho 60 anni, conto solo sul mio stipendio perché vivo sola, con soli 29 anni di contributi perché per 17 anni mi hanno tenuta stagionale. Ora mi troverò senza lavoro e nell’impossibilità di raggiungere la pensione. Mi trovo a piangere e a perdere il sonno. Credo non sia facile, alla mia età, poter trovare una nuova occupazione”.
Ho dovuto rispondere dicendo la verità: ci batteremo per i tuoi diritti, ma sarà dura.
Ci batteremo, avevo pensato, perché è lì che la politica deve essere: con le mani immerse nel fango, ma con lo sguardo rivolto verso gli ideali per i quali ci battiamo ogni santo giorno.
La politica, infatti, non è “privilegi, promesse e utopie”, ma “cultura del realizzabile” al servizio della gente.
Se Parma non lo comprenderà, sarà anche responsabilità nostra. Se Parma continuerà a ritenere inutile e immobile il suo agire politico, sarà anche responsabilità nostra.
Ma certo, ancora non basta: la cultura del realizzare, unita alle speranze di un futuro migliore, non è più sufficiente.
La politica deve tornare ad avere il coraggio di assumere posizioni nette, dichiarando da che parte stare: non si può pretendere la fiducia dei cittadini quando si agisce timidamente, o quando si spendono mezze parole. Viviamo un momento della storia su cui è scesa l’ombra di un inquietante passato, mosso da rabbia ed esasperazione, perciò non c’è più tempo per essere indifferenti o restare a guardare, è il tempo di fare la propria scelta:
se dall’oggi al domani un’azienda licenzia madri e padri di famiglia, guardate in direzione dei suoi cancelli perché è lì, assieme ai lavoratori, che ci troverete;
se c’è chi si arroga il diritto di dividere le persone tra italiani e stranieri, io sento il dovere di dire loro che l’errore è esattamente nel concetto: dividere le persone;
se ancora oggi vi sono ostilità nei confronti dei diritti civili, ciò avviene perché ci si scorda che i diritti non sono concessi, ma sono qualcosa che nessuno ci può togliere;
Infine, a chi vorrebbe erigere nuove cortine di ferro ai confini esterni e interni d’Europa, rispondo che continuo a sentirmi un italiano europeo, e un europeo italiano.
La fiducia dei cittadini non è cosa scontata: si guadagna goccia a goccia dicendo sempre le cose come stanno, non avendo mai timore di sostenere le proprie idee;
si conquista facendo il massimo possibile per realizzare i sogni dei parmigiani, contrastando le loro ansie e paure, pur nei limiti dei potere di un sindaco.
Perciò, l’appello che rivolgo è diretto a tutte le forze politiche: si ritorni a parlare alle persone come cittadini e non come fossero elettori, e si lasci il populismo in soffitta: il populismo è l’arma di chi inchioda i cittadini alle proprie paure.
Sentiamoci invece chiamati, tutti noi, a questo dovere: ridare fiducia, valore e impegno alla politica. Se non lo facciamo, se falliremo, accadrà ciò che temeva Piero Gobetti: assisteremo impotenti alla “tomba delle coscienze civili”.
Da ultimo, mi sia consentito di uscire per un attimo dal ruolo istituzionale per parlare da parmigiano: la politica è importante, ma non è tutto. Come ho affermato il giorno del mio secondo insediamento, prima della politica c’è la vita, e la politica ha un senso se è al servizio della qualità della vita.
Prima della politica ci siete voi che siete figlie e figli, madri e padri di Parma. Il futuro della città non è monopolio delle sue istituzioni. Giunta, Consiglio Comunale, il sindaco stesso, sono solo strumenti.
Il futuro della città, come il vostro futuro, è nelle vostre mani: di voi che vi alzate presto la mattina, che portate i figli a scuola, che con fatica e passione cogliete ogni giorno il frutto del vostro lavoro; di voi, che scegliete chi ci governa.
A noi spetta il compito di rappresentare Parma in Italia e nel mondo, e cerchiamo di farlo ogni giorno con onestà e dignità. A voi il dovere di essere buoni cittadini.
Abbiamo certamente bisogno di ambiziosi progetti e nuove idee, ma anche di buoni esempi contro l’analfabetismo civico.
Non abbiamo bisogno di eroi né di salvatori. È sufficiente che ci sia chi raccoglie una cartaccia per strada; abbiamo bisogno di chi sull’autobus si alza per far posto a una signora, a un anziano, a un disabile; di chi ci dà una mano a ripulire le pareti imbrattate della città; di chi paga le tasse, di chi non parcheggia la macchina in doppia fila.
Abbiamo bisogno del buon esempio, perché la civiltà è la misura di tutte le cose.
A tal proposito ci tengo a citare una persona: ringrazio qui e ora, a nome della città intera, Gianluca, il ragazzo che alla fermata dell’autobus ha raccolto una cartaccia per strada, e che a causa di questo è stato picchiato da un vigliacco prepotente.
Ho profonda stima di Gianluca, del gesto semplice che ha compiuto: lui rappresenta l’essere pienamente cittadino, rappresenta la civiltà; chi lo ha picchiato rappresenta l’ignoranza profonda del bullismo e dell’inciviltà.
Parma stia dalla parte della civiltà e mai la dimentichi. Bastano piccoli gesti per fare di Parma una città civile.
Da qui, infine, si riparte. Inizia oggi l’ultimo mandato di un percorso politico e di vita complesso. Difficile ma entusiasmante; la chiusura del cerchio di 10 anni di riforme progettuali e sostanziali, caratterizzati dalla voglia sincera di riconsegnare ai parmigiani una città migliore di come l’abbiamo trovata.
Un cammino che faremo insieme, come i passati cinque anni e in misura maggiore nei cinque che ci restano. Ne sono convinto.
Non c’è una città che guarda solo al progresso e una città che guarda solo alla tradizione. C’è Parma. Non c’è una città di italiani e una città di stranieri, o una città di anziani e una città di giovani, o una città di operai e una città di imprenditori. C’è Parma.
È un cammino che faremo passo dopo passo.
E credetemi: ogni nostro passo sarà sempre un passo oltre.
Grazie.

 

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