Ius Soli in Consiglio comunale, ecco perché è giusto fare una battaglia...

Ius Soli in Consiglio comunale, ecco perché è giusto fare una battaglia di civiltà

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Lunedì 20 novembre, giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, è ripreso lo sciopero della fame a staffetta a favore dell’approvazione dello Ius soli e Ius culturae. 901 insegnanti di tante scuole italiane hanno digiunato, spiegando ai loro alunni, le ragioni di questa scelta. La causa lo merita: al di là delle considerazioni d’occasione, sul riconoscimento dello Ius soli si gioca una battaglia di civiltà ed è per questo, che presentiamo in Consiglio Comunale una mozione in appoggio all’approvazione dello Ius Soli.

Laura Cavandoli scrive che “il rischio è quello di invitare nuovi immigrati in un periodo in cui stiamo subendo l’invasione dei finti richiedenti asilo, con tutte le conseguenze in tema di degrado e criminalità. Questi sono solo alcuni dei motivi che ci portano a dire no ius soli, sostenendo che il popolo italiano assiste impotente alla svendita di uno dei diritti fondamentali, la cittadinanza, che è uno status che appartiene non a coloro che nascono sul territorio nazionale, ma rappresenta il peculiare mix di identità, storia, cultura e tradizioni che differenziano una comunità da un’altra”.

Inutile parlare di numeri, di dati dei centri studio, delle fondazioni – il problema ideologico, di natura antropologica, tradotto il razzismo imperante nei discorsi pubblici delle destre, ne impedisce una lettura laica – che sottolineano l’importanza delle presenza degli immigrati nella contribuzione alla ricchezza nazionale, contribuendo col 9% di PIL o delle contribuzioni nette alla sostenibilità del sistema previdenziale dove vede oggi, il pagamento di 640mila pensioni di italiani autoctoni o, tornado allo Ius Soli, gli 800mila bambini nati da cittadini stranieri permettono a 86mila insegnati di lavorare e non di essere in mobilità. Tutto inutile, tutto ciò non serve, più forte è la vocazione razzista.

Ovviamente non può mancare il binomio immigrazione/criminalità, su questo, ancor più facile è raggiungere i più profondi sentimenti di paura delle persone, della diffusa percezione dell’esistenza di un nesso tra immigrazione e criminalità.
Esiste, realmente, un nesso tra immigrazione e criminalità?

Il dato statistico che alimenta l’equazione “più immigrazione uguale più criminalità” è quello relativo alla presenza di stranieri in carcere, circa un terzo della popolazione detenuta in Italia. Solitamente, ci si arresta a questo dato, traendone la conclusione che, considerata la percentuale di stranieri in Italia, circa dell’8%, il tasso di delittuosità di questi è di gran lunga superiore a quello degli italiani. Eppure, occorre considerare che la stragrande maggioranza degli stranieri detenuti (circa il 90%) sono irregolari. Se si guarda a quelli regolari, la percentuale di detenuti sul totale della popolazione carceraria scende al 3%.

Sono, quindi, gli irregolari che coprono la quasi totalità della percentuale straniera detenuta, a dimostrazione che investire in processi di regolarizzazione e di integrazione significa porre in essere un’azione di contrasto alla criminalità. Facile fare leva sui sentimenti di paura meno essere capaci di dire la verità. I processi di regolarizzazione e di integrazione sono stati aboliti per legge, con la legge Bossi-Fini, dove i cosiddetti “finti richiedenti asilo” sono persone che fuggono da condizioni di povertà coltivando un sogno, lo stesso sogno coltivato dai 30 milioni di Italiani che hanno lasciato l’Italia in un secolo di storia.

Esiste un problema di criminalità spicciola? Si, esiste e deve essere affrontato ma l’arma migliore che abbiamo, e sono i numeri che lo raccontano, è l’inclusione attiva, anche partendo dallo Ius Soli, ed è questo che renderà sicure le nostre città e proprio perché tutto questo è la realtà dei numeri, tutte le forze politiche sono chiamate responsabilmente a proporre politiche di inclusione ma, ad oggi, di proposte non ve né traccia.

Lo si vede, ancora, dal fatto che a colmare un vuoto di prospettiva politica ci abbia dovuto pensare una forza extraparlamentare, quella Radicale, che il mese scorso ha consegnato alla Camera dei deputati oltre 85.000 firme a sostegno della legge di iniziativa popolare “Ero Straniero”, per superare la legge Bossi-Fini sul reato di clandestinità, riformare il sistema di accoglienza e introdurre canali legali e sicuri di arrivo in Europa.

Certo, lavorare su questa strada costa tempo e fatica, soprattutto sotto periodo elettorale, dove è più semplice comunicare per frasi fatte. Ma è la strada maggiormente sostenibile a livello democratico, maggiormente vantaggiosa a livello economico e maggiormente indirizzata verso l’idea di un’Europa unita.

Ma ancora una volta, tutto questo è inutile se il presupposto è il problema antropologico, è il raccontare di una falsa tutela, protezione culturale di italianità o cristianità ed è proprio l’opposizione all’Ius Soli, sta mettendo in crisi, in discussione la nostra identità, ed è per questo che bisogna capovolgere i discorsi sull’identità culturale. Chi attenta alla nostra cultura, ai nostri valori sono coloro che si oppongono al loro ingresso, opponendo la falsa identità razzista e xenofoba, di chi teme l’incontro con le differenze e su queste specula – non cosciente delle conseguenze – in chiave elettorale. Ma sono precisamente queste norme – o la mancanza di norme – che violano l’identità democratica, quelle carte d’identità delle nostre democrazie che si chiamano Costituzioni.

Dobbiamo essere consapevoli che il rischio che stiamo correndo, è che tutti i nostri principi di uguaglianza, dignità della persona, diritti fondamentali, nel tempo possano diventare impronunciabili, cioè possono diventare una semplice lustra ideologica non più credibile, e che la nostra identità possa essere appiattita sulla loro negazione.

Il rischio più grande che corrono le nostre democrazie è la pace, perché la pace si fonda sulla convivenza degli opposti, dei differenti, dei disuguali.
Ed è proprio sulla base del rispetto dell’uguale valore che viene attribuito a tutte le differenze, che fanno di ciascuna persona un individuo differente dagli altri, ma anche di ciascun individuo una persona uguale alle altre, che si creano condizioni per la pace.

Dobbiamo avere coraggio e lungimiranza politica e guardare alla realtà, che – partendo dal dato demografico – vedrà sempre più crescere la mobilità delle persone, questo dato rimarrà con noi e rimarrà in modo strutturale.
Il nostro futuro vedrà il popolo dei migranti, essere protagonista della costruzione di una nuova identità, un’identità fondata sul meticciato ed a noi la scelta, di governare il fenomeno con intelligenza, con diritti e responsabilità, oppure di subirlo.

Spero anche questo possa servire ad aprire una laica discussione in città, al netto delle tante difficoltà da affrontare.

MarcoMaria Freddi
Radicale – Consigliere comunale Effetto Parma

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