Caso Laminam, Rainieri solleva dubbi sulle emissioni e sui rilevamenti

Caso Laminam, Rainieri solleva dubbi sulle emissioni e sui rilevamenti

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Per le emissioni della Laminam non credo si possa essere ancora tranquilli. Occorrerebbe, infatti, la certezza che le analisi siano effettuate quando la produzione nello stabilimento sarà al massimo per tipologia, quantità ed intensità. Inoltre, va rilevato che in tutta la fase istruttoria e nei conseguenti atti autorizzativi per l’avvio e la prosecuzione/ripresa dell’attività  di produzione non risulta sia stato adeguatamente considerato il parametro salute previsto come necessario da diverse norme, europee e nazionali”.

Fabio Rainieri, consigliere regionale della Lega Nord, riapre la questione dell’azienda di Borgotaro finita nell’occhio del ciclone per le nauseabonde emissioni che per qualche mese hanno creato non pochi disagi agli abitanti della zona, presentando un’interrogazione per chiedere alla Giunta regionale maggiori approfondimenti sia legali che scientifici sulle emissioni della ditta che produce ceramiche in quel comune.

I problemi sanitari ci sono ancora – ha quindi proseguito il consigliere regionale leghista –. C’è sicuramente bisogno di più chiarezza da parte delle istituzioni coinvolte in tutta questa vicenda. I posti di lavoro per rinnovare la vitalità industriale della Valtaro sono sicuramente importanti ma lo sono anche tutte quelle attività agricole e turistiche che possono essere danneggiate dall’inquinamento mentre la salute dei cittadini rimane sempre prioritaria, tanto più in una zona che dal punto di vista sanitario sta perdendo un presidio importantissimo come il punto nascite. Al Presidente della Regione ed ai suoi Assessori ho quindi anche chiesto di rendere accessibili al pubblico i dati certificati del monitoraggio in continuo delle emissioni nonché i controlli analitici eseguiti, con il variare della tipologia di produzione e l’intensità della stessa”.

Nell’interrogazione Rainieri spiega come lo stabilimento valtarese di Laminam sia da classificare, secondo le norme vigenti, industria insalubre ubicata in centro abitato. Evidenzia, inoltre, che mancano sia il necessario parere sanitario con relative prescrizioni da parte del sindaco, sia, negli atti autorizzativi regionali, la verifica della compatibilità delle conseguenze dirette e indirette delle stesse emissioni con gli standard ed i criteri per la prevenzione dei rischi riguardanti la salute umana a breve, medio e lungo periodo.  Un’altra parte dell’atto ispettivo è invece dedicata ai dubbi sull’attendibilità assoluta dei dati fino ad ora resi pubblici da Arpae.

La differenza nelle condizioni operative (e probabilmente anche manutentive) si riconosce peraltro nella stessa ultima pubblicazione di Arpae – scrive l’esponente del Carroccio – Infatti per l’emissione E03 (atomizzatore), impianto che non ha subito alcuna modifica, il 14 giugno 2017, data in cui invece non sono stati fatti rilievi per l’emissione E13 (il camino su cui sono stati montati i filtri a carboni attivi prima della ripresa dell’attività il 28 settembre 2017), si registra un superamento di oltre 6 volte il limite autorizzato e di ben 60 volte rispetto ai valori di materiale particellare indicati nelle dichiarazioni rilasciate dalla ditta per avere l’autorizzazione all’avvio”.

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