Bancarotta fraudolenta. Questa l’accusa con la quale la Procura della Repubblica di Parma ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio per 11 persone indagate nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della Spip, sommersa da una valanga di circa 120 milioni di euro di passivo. Il Comune di Parma ha già annunciato che si costituirà parte civile nel procedimento.
La Spip, nata per accogliere industrie e attività produttive, è andata in default il 5 aprile 2013 a causa – secondo l’accusa – di operazioni immobiliari concluse a prezzi assolutamente fuori mercato, ma anche di consulenze varie affidate a volte senza alcun bisogno.
Un’indagine lunga e complessa – coordinata dal pm Paola Dal Monte e condotta dalla Guardia di Finanza – conclusa nel luglio 2015, quando la Procura di Parma aveva notificato l’avviso a 12 persone tra dirigenti ed altri professionisti. Di questi 12 indagati, uno è già uscito di scena: l’imprenditore Paolo Borettini, che alla fine del maggio scorso davanti al giudice per le indagini preliminari Mattia Fiorentini e al pm Andrea Bianchi, ha patteggiato un anno e quattro mesi con il beneficio della sospensione condizionale della pena. L’imprenditore era accusato di aver concluso con Spip operazioni immobiliari che gli avrebbero fruttato 30 milioni di euro.
Gli altri 11 ai quali nel luglio del 2015 era stato notificato l’avviso di fine indagine sono l’ex presidente Nando Calestani, l’ex direttore generale Pietro Gandolfi, gli ex componenti del consiglio d’amministrazione Cristina Bazzini, Federico Palestro, Mario Mantovani, Marco Trivelli, Nello Mancini, Roberto Brindani, l’ex vicesindaco Paolo Buzzi, l’ex presidente di Stt Andrea Costa e l’ex direttore generale del Comune di Parma, Carlo Frateschi.