Il professor Loris Borghi non è più il rettore dell’Università di Parma. Si è dimesso stamane – “senza rancori né dietrologie” – con una lunghissima lettera indirizzata a tutti, dal ministro Valeria Fedeli ai vertici dell’Ateneo, dai docenti a tutto il personale.
Una lettera in cui Borghi chiarisce subito che le sue non sono dimissioni in quanto indagato nell’inchiesta Pasimafi – accusato di aver favorito l’assunzione nel 2015 del ricercatore Massimo Allegri, delfino del professor Guido Fanelli – ma perché si sono sollevate ombre sul ruolo dell’Università di Parma.
Per questa vicenda nel calderone dell’inchiesta del pm Giuseppe Amara e dei Carabinieri del Nas sono finiti anche Pierfranco Salcuni, direttore del dipartimento di Scienze chirurgiche, e i dipendenti Gianluigi Michelini e Giorgetta Leporati, oltre al professor Fanelli.
“Avrei potuto addurre motivi di salute, visto che è di dominio pubblico il mio recente infarto del miocardio – scrive tra l’altro Loris Borghi -. Ma non lo farò. La vera motivazione è che sono scese ombre su chi rappresenta l’Università e l’Università non può attendere se e quando tali ombre si dilegueranno. Sottolineo che non mi dimetto perché è accusato Loris Borghi, ma presento le dimissioni perché è accusato il Rettore dell’Università di Parma“.
Borghi si augura che la sua uscita di scena – invocata da più parti in questi giorni – sia sufficiente a lavare “le maldicenze e il fango che hanno colpito l’Ateneo di Parma, dall’esterno e talora anche dall’interno“.
Borghi ha voluto in sostanza evitare che “un attacco scomposto, viscerale e violento a me stesso, danneggi l’Istituzione che rappresento“.
L’ex rettore ribadisce “che nel fare ho commesso errori, ma una cosa è certa: io e l’Università in quanto Istituzione non abbiamo avuto nulla a che fare con ciò che è emerso dall’inchiesta ‘Pasimafi’, nella mia vita non ho mai rubato un euro, mi sono sempre comportato come un servitore dello Stato, ovunque sono arrivato ho cercato di migliorare le cose e di aiutare, in trasparenza e legittimità, le persone meritevoli, nella ferma convinzione che le persone sono il cardine e la vera forza di successo di una struttura pubblica o privata che sia“.