Un arresto anche a Parma tra i 68 finiti in manette nell’ambito della vasta operazione disposta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, che ha smantellato la potentissima ‘ndrina della famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto, nel Crotonese. La Squadra mobile di Parma ha infatti arrestato Antonio Pompeo, 49 anni, originario del paese della costa ionica calabrese ma da tempo di frequente nel Parmense. Secondo l’accusa era l’armiere della cosca: nella sua casa di Isola Capo Rizzuto sono state sequestrate armi, numerose munizioni e persino un paio di detonatori. L’operazione “Jonny” prende il nome in codice di un carabiniere del Ros, determinante in questa inchiesta ma nel frattempo stroncato da una grave malattia.
Le accuse contestate dal procuratore Gratteri e dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto che ha coordinato le indagini, sono associazione di tipo mafioso, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose.
L’inchiesta ha portato a scoprire che, oltre alle estorsioni effettuate a tappeto tra le province di Catanzaro e Crotone, gli Arena controllavano anche la gestione del centro di accoglienza per migranti di Isola Capo Rizzuto, oltre ad avere ingenti interessi nelle attività legate alle scommesse, sia nel settore della raccolta delle scommesse on line sia in quello del noleggio degli apparecchi da intrattenimento che avrebbe imposto agli esercenti di Crotone, precludendo l’accesso ad altri operatori commerciali.
Ma quel che più sconvolge sono gli interessi del gruppo mafioso nella gestione del Cara di Isola Capo Rizzuto – il Centro di accoglienza Sant’Anna – che ospita i migranti, uno dei più grandi d’Europa, attraverso il quale gli Arena sarebbero riusciti a lucrare ben 32 milioni di euro di fondi pubblici destinati ai richiedenti asilo in attesa di identificazione. Tutto ruotava intorno al denaro – secondo gli inquirenti – tramite l’intermediazione della Misericordia di Isola, presieduta da Leonardo Sacco (uno degli arrestati), che otteneva l’appalto in quanto onlus per poi girare i servizi in subappalto. Dal 2006 ad oggi – secondo il procuratore aggiunto Luberto – il Cara di Isola Capo Rizzuto è costato allo Stato circa 100 milioni di euro, 32 milioni dei quali sono finiti alla cosca Arena.
In manette, oltre ad 11 persone con il cognome Arena, è finito anche don Edoardo Scordio, parroco della Chiesa di Santa Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto, che avrebbe ottenuto finanziamenti per 150mila euro per assistenza spirituale.
Il procuratore Nicola Gratteri ha sottolineato che nel Cara di Isola Capo Rizzuto, “c’era mangiare che non bastava mai. Abbiamo filmato anche la qualità del cibo: noi di solito quel cibo lo diamo ai maiali. C’erano delle società create appositamente per rifornire i pasti e con questi soldi hanno comprato cinema, teatri, decine di appartamenti, macchine e barche di lusso, terreni“. Insomma si sono arricchiti tutti sulla pelle e con la fame degli immigrati sbarcati sulle coste italiane.