Temperature mediamente più alte, anche fino a 4 gradi centigradi, e meno disponibilità di risorse idriche a causa della riduzione delle normali precipitazioni a fronte di un incremento di quelle di maggiore intensità. Queste le conclusioni di uno studio sul cambiamento climatico nei bacini del Taro, della Parma e dell’Enza, condotto al Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma, da un gruppo di ricerca composto da ingegneri idraulici e ambientali, con il coordinamento della professoressa Maria Giovanna Tanda e con la collaborazione degli ingegneri Massimo Ferraresi, Marco D’Oria e Chiara Cozzi.
Gli studi sono stati svolti in analogia con il quinto Assessment Report dell’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change, ma a scala territoriale, considerando i bacini del fiume Taro e dei torrenti Parma ed Enza. Sono stati utilizzati 13 accoppiamenti di modelli climatici generali (GCM) e regionali (RCM) sviluppati in seno al progetto EURO-CORDEX, che hanno l’obiettivo di descrivere i cambiamenti climatici a lungo termine, fornendo proiezioni delle variabili climatiche fino al 2100. I risultati ottenuti dai modelli sono basati sull’utilizzo di scenari di emissione che tengono conto dell’evoluzione futura della concentrazione dei gas a effetto serra. Gli scenari considerati in questa analisi sono l’RCP 4.5, che considera l’introduzione di politiche di riduzione dei gas ad effetto serra, e l’RCP 8.5, che tiene conto invece di una situazione peggiorativa rispetto a quella attuale.
Si è scelto di analizzare i dati relativi a tre orizzonti futuri (breve termine 2016-2035, medio termine 2046-2065 e lungo termine 2081-2100), che saranno confrontati con un periodo di riferimento (1986-2005).
In estrema sintesi, per le precipitazioni si riscontra una disuniformità delle tendenze sul territorio, con aumenti invernali e diminuzioni estive, che portano però ad una sostanziale invarianza a livello annuale (compresa tra -10% e +10%). Più evidente appare invece la variazione della tipologia di precipitazioni, determinata grazie ad analisi di frequenza, che evidenzia, soprattutto in pianura, una diminuzione di eventi giornalieri deboli (meno di 30 millimetri di acqua per metro quadrato) e un aumento della frequenza di quelli più intensi (precipitazioni comprese tra 50 e 100 millimetri giornalieri).
Le proiezioni delle temperature medie mostrano invece un regolare e diffuso surriscaldamento dell’intera area di studio. Considerando il valore mediano dei modelli climatici, a lungo termine si riscontra un aumento della temperatura media fino a +2.5°C per l’RCP 4.5 e fino a +4°C per l’RCP 8.5.
Studi di questo tipo sono preliminari e utili alla valutazione della disponibilità di risorsa idrica futura: infatti, l’aumento degli eventi piovosi intensi potrebbe ridurre la porzione di risorsa idrica che riesce a infiltrarsi nel sottosuolo, mentre un aumento della temperatura potrebbe causare un incremento dell’evapotraspirazione, cononseguente diminuzione delle risorse idriche superficiali.