Al pronto soccorso del Maggiore sono abituati a trattare situazioni difficili e non è la prima volta che medici ed infermieri vengono aggrediti. A volte da ubriachi, altre da drogati, da stranieri. Questa volta a prendere le botte – come racconta oggi Gazzetta di Parma – è stata un’infermiera che al pronto soccorso lavora da 20 anni. Aggredita verso le 19 di qualche sera fa, davanti a una sala d’attesa piena di gente bisognosa di cure. La donna ha rimediato un pugno e un calcio al torace che le sono costate 10 giorni di prognosi.
L’infermiera impegnata al triage per l’accoglienza di un anziano con lussazione alla spalla, ha sentito urla e rumori dietro la porta dell’ambulatorio ed è andata subito a vedere se si trattava di una emergenza. Ma ha trovato un uomo molto robusto fuori di sé, che battendosi il peto con forza sosteneva di avere un infarto. In realtà l’agitazione e l’energia dell’uomo lasciavano chiaramente intendere che non avesse alcun problema cardiaco. Ha cercato di calmare l’uomo, dicendogli che si sarebbe occupata di lui dopo un minuto ma lui ha ricominciato a urlare ed è stato a quel punto che ha colpito l’infermiera con un pugno al volto e un calcio dritto al torace.
Altri infermieri sono accorsi e l’uomo è stato sottoposto ai controlli che chiedeva, che hanno però dato esito negativo. Andato via ancora più arrabbiato, l’uomo è tornato nella notte con un’ambulanza sostenendo ancora di avere un infarto. Fatti i controlli, però, come prima, non è risultato nulla. Adesso, probabilmente, dovrà fare i conti con la denuncia che l’infermiera è intenzionata a presentare. Ma sono in molti ad insistere sulla necessità di attivare un posto fisso di polizia al pronto soccorso a tutela degli operatori, ma anche degli stessi pazienti in attesa.
Il grave fatto di cronaca che ha visto coinvolta un’infermiera del Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore di Parma mi vede costretto a tornare su un tema già affrontato diversi mesi fa e su cui, nonostante le sollecitazioni arrivate poi da più parti, non è mai stato attivata una seria riflessione: lo spostamento del posto di polizia e una vigilanza non adeguata.
Su questo problema erano state date ampie rassicurazioni, a partire dal fatto che il posto di polizia, che tutti eravamo abituati a vedere all’ingresso, era semplicemente stato posizionato a poche decine di metri di distanza e che, comunque, la vigilanza era garantita dal presidio lungo i corridoi da personale di vigilanza privata.
Un sistema che, evidentemente, non funziona e non solo alla luce dell’aggressione ai danni della dipendente in servizio al Pronto Soccorso: in ogni reparto, infatti, vediamo cartelli che invitano a non lasciare incustoditi oggetti di valore. Un segno, questo, che mi fa pensare che, oltre ai grandi “colpi” con sparizione di macchinari e di materiali ospedalieri di cui hanno dato conto le pagine di cronaca, non siano infrequenti i furti ai danni di pazienti e visitatori.
Forse pianificare passaggi nei reparti di uomini in divisa potrebbe fungere da deterrente ma, purtroppo, temo di conoscere già la risposta: non c’è personale a sufficienza. Probabilmente, secondo lo Stato italiano, un cittadino non ha diritto a stare tranquillo non solo in casa propria, ma anche quando, suo malgrado, si trova in ospedale.
Luigi Alfieri
Candidato sindaco
Parma non ha paura