Le metastasi, principale causa di morte da tumore, seguono le stesse dinamiche di una folla in movimento all’interno di spazi angusti e la loro capacità di propagazione dipende dalla fluidità del movimento stesso. Uno studio italiano condotto da due ricercatori laureati all’Università di Parma ora in forze all’IFOM e all’Università degli Studi di Milano e pubblicato su Nature Materials ha dimostrato, grazie all’integrazione tra biologia molecolare e fisica dei materiali, che la capacità o meno delle cellule di migrare collettivamente, e quindi delle cellule tumorali di generare metastasi, dipende strettamente dai fattori di densità e di fluidità. Si tratta di un’acquisizione fondamentale soprattutto per la metastatizzazione di tumori solidi e individuare la chiave per bloccare la “folla” cellulare potrebbe fornire la chiave per ridurne la diffusione nell’organismo agendo su specifici target terapeutici.
Mentre diventando solido un tessuto diventa immobile e refrattario allo sviluppo di tumori, transitare allo stato fluido ne facilita la plasticità, che in situazioni patologiche può essere sfruttata per facilitarne la disseminazione come nella metastatizzazione dei tumori solidi, i più diffusi nell’essere umano. Pressoché tutti i tessuti epiteliali e i tumori solidi si spostano difatti in modo collettivo, ottenendo così maggiore efficacia nell’invadere l’organismo attraverso tessuti interstiziali e nell’ingenerare quindi tumori a distanza. Le leggi che governano il movimento multicellulare e la transizione tra stato solido e liquido sono ancora scarsamente conosciute, così come lo sono le basi molecolari e biochimiche che le controllano. Lo studio pubblicato su Nature Materials è a cura di Giorgio Scita, responsabile dell’unità di ricerca “Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali” presso IFOM e professore all’Università degli Studi di Milano – laureato all’Università di Parma – e di Roberto Cerbino, professore di Fisica Applicata sempre nell’Ateneo milanese, e con Chiara Malinverno – anche lei laureata nell’Ateneo ducale – e Salvatore Corallino come primi autori, ha segnato un passo avanti nella comprensione di questi meccanismi, grazie ad un approccio di ricerca integrato tra biologia e fisica dei materiali.
“Nel corso degli ultimi anni – spiega Scita – è emerso come lo sviluppo di un tumore sia caratterizzato oltre che da alterazioni genetiche anche da complesse e dinamiche interazioni fisiche che le cellule tumorali stabiliscono tra di loro e con il tessuto circostante. Le forze che tengono unite le singole cellule per muoversi in modo coordinato, come le cellule comunicano tra di loro, come passano dallo stato solido a liquido e viceversa sono aspetti altrettanto importanti ma ancora oscuri, che stiamo cercando di chiarire grazie all’aiuto dei colleghi fisici”.
“Ad una bassa densità – spiega Cerbino – le particelle si spostano inizialmente in modo disordinato e caotico, con una mobilita fluida, molto simile a quella delle molecole dell’acqua. Aumentando la densità il grado di libertà di ciascuna particella è limitata e il sistema va incontro a una transizione che in fisica è proprio di un liquido che diventa vetroso e solido a seguito di un raffreddamento repentino”.
Spostamento agevolato quando la proteina RAB5A, che è un regolatore essenziale del processo di endocitosi preposto all’introduzione di sostanze all’interno della cellula, è presente in quantità superiore al necessario. “Con tecnologie di microscopia ottica ed elettronica – Illustra Chiara Malinverno, prima autrice della ricerca – abbiamo potuto osservare sorprendentemente che un tessuto che dal punto di vista cinetico era silente e immobile, si sveglia in modo da generare nella massa cellulare delle correnti vorticose, rendendo il moto cellulare di nuovo fluido e scorrevole ma allo stesso tempo coordinato”. Si tratta dello stesso meccanismo che può verificarsi in una massa tumorale quando origina metastasi.