In un Paese in cui il precariato è elevato a sistema e la proroga non è l’eccezione ma la regola, per far funzionare la baracca ogni fine anno bisogna ricorrere al decreto cosiddetto “milleproroghe”, un calderone in cui finisce qualunque cosa. Un minestrone di situazioni di ogni genere, ben oleato di soldi pubblici spesso utilizzati anche a sostegno di progetti territoriali che interessano le varie rappresentanze politiche.
Uno strumento che stavolta ha consentito anche di salvare i ricercatori a contratto dell’Università di Parma e i loro lavori ancora in corso. “Chiedere al Governo di assumere le azioni idonee ad assicurare la proroga a tutto il 2017 dei contratti dei ricercatori a tempo determinato che non hanno potuto partecipare all’abilitazione scientifica nazionale nelle tornate 2012 e 2013”. Questa la richiesta che l’Università di Parma, con deliberazioni del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, ha inviato al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e che, grazie all’iniziativa del deputato Pd Giuseppe Romanini, del senatore Giorgio Pagliari, e all’attenzione del Ministro Valeria Fedeli, è stata accolta e inserita nel decreto milleproroghe di fine anno.
“La proposta accolta consentirà la proroga per un ulteriore anno ai titolari dei contratti stipulati ai sensi dell’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge n. 240/2010 a condizione che abbiano superato la valutazione prevista nel terzo anno di contratto” – hanno spiegato Romanini e Pagliari – “In tal modo tali ricercatori, oltre ad assicurare la continuità della didattica e dei programmi di studio avviati, potranno partecipare alle procedure per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale di cui solo recentemente si è provveduto ad indire le procedure relative all’anno 2016”.