Legambiente contro Norda: no al nuovo pozzo sul Pelpi

Legambiente contro Norda: no al nuovo pozzo sul Pelpi

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Legambiente chiede una moratoria alla Regione per fermare i progetti della Norda, che prevedono lo sfruttamento di un nuovo pozzo per l’estrazione di acqua minerale sul monte Pelpi, a Bedonia.

Ricordiamo che la ditta Norda, proprietaria di due stabilimenti per l’imbottigliamento delle minerali, ha avuto ed ha problemi con la popolazione sia a Tarsogno (Tornolo) che a Masanti (Bedonia) – sottolinea l’associazione ambientalista -. Nel primo caso i Cittadini han denunciato scarsità o peggio mancanze d’acqua al rubinetto tanto che alcuni si sono rivolti all’Autorità Giudiziaria, citando non l’azienda ma gli Organi Pubblici che hanno autorizzato a loro dire un prelievo esagerato. A Masanti, dove Norda ha già la concessione per ben 5 sorgenti e 2 pozzi, la ditta deve confrontarsi con l’opposizione dei cittadini di tre Comuni che temono per il destino di ruscelli tutelati dalla Provincia, frane ed incidenti per l’enorme traffico di Tir in strade anguste, l’abbassamento delle falde, il danno per la flora e fauna ittica protette dalle Leggi Europee e Regionali e soprattutto la mancanza d’acqua dai loro rubinetti nel futuro“.

La nuova richiesta della Norda mira adesso ad ottenere un nuovo pozzo posto a quota 1.270 metri sul livello del mare, dove esiste – sostiene sempre Legambiente – un acquedotto ad uso civile a soli 280 metri di distanza e sottostrada rispetto all’ubicazione del pozzo ad uso industriale.

La richiesta della Norda riporta all’attenzione, inoltre, l’indebito profitto che le aziende delle acque minerali ricavano a causa dell’inezia fiscale che devono corrispondere, dovuta alla sottovalutazione del problema da parte delle Regioni – tuona ancora Legambiente -. Basti pensare che in Emilia-Romagna le aziende estrattrici di acqua pagano in tasse, per lo sfruttamento dei giacimenti acquiferi, solo 19 euro per ettaro. Non si paga per litri prelevati: vi sono casi di aziende che pagano importi inferiori fino a 15 volte di ciò che sborsano i cittadini per ogni litro utilizzato, nei loro pozzi privati. Una situazione inconcepibile. Varie proposte presentate da Consiglieri Regionali per ovviare a tale situazione sono sempre cadute nel vuoto. Il mancato introito per l’Erario negli anni ammonta a vari milioni di euro“.

Legambiente Parma aveva chiesto circa 8 anni fa alla Provincia – all’epoca deputata al settore – 10 specificazioni per la tutela della risorsa, ma non ha mai avuto risposta.

Dopo il referendum relativo all’acqua pubblica, che ha visto la nostra associazione schierarsi nettamente contro il progetto di privatizzazione, oggi si parla molto meno di questo bene essenziale – concludono gli ambientalisti -. Legambiente intende oggi rimettere sotto i riflettori un settore che, pur essendo una piccola parte della tematica, è sintomatico di una carenza nella legislazione a livello Nazionale così come in quello Regionale: quello delle acque minerali. Pertanto Legambiente chiede alla Regione Emilia-Romagna di bloccare la richiesta della Norda, con una sorta di moratoria, ed aprire un percorso partecipativo che porti alla ridefinizione delle normative e della gestione del settore“.

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