Pd di Parma: primarie il 19 febbraio, ma il regolamento piace poco....

Pd di Parma: primarie il 19 febbraio, ma il regolamento piace poco. Dubbi sul ruolo di Scarpa

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Le primarie del centrosinistra si faranno il 19 febbraio 2017. Così come prefigurato dal segretario Lorenzo Lavagetto. Lo ha deciso l’assemblea cittadina del Pd, riunita all’Arci Zerbini e in diretta streaming modello 5 Stelle, al termine di un articolato confronto. Fissate tutte le date della maratona che porterà al voto il popolo del centrosinistra parmigiano – primarie di coalizione e non di partito – per la scelta del candidato sindaco alle amministrative 2017: dal 1 al 22 dicembre si dovranno presentare le candidature; entro il 10 gennaio dovranno essere raccolte le 500 firme a sostegno di ciascun candidato alle primarie; il 13 gennaio, giorno di Sant’Ilario, il Partito democratico annuncerà i candidati alla primarie accendendo così la miccia della campagna elettorale – almeno quella pubblica – che durerà poco più di un mese. Fino al 19 febbraio, quando si deciderà per la prima volta con questo strumento partecipativo chi sarà il candidato sindaco della coalizione. E da quel momento partirà la vera campagna elettorale con – si augurano i vertici del Partito democratico – tutti compatti nel sostegno al designato.

Quest’ultimo non avrà più l’obbligo di dimettersi da qualsiasi carica elettiva ricoperta cone era invece previsto nella prima bozza di regolamento. Una sorta di spauracchio che avrebbe scoraggiato qualcuno. Le regole decise dall’assemblea cittadina del Pd “auspicano” le dimissioni del candidato, ma non impongono un divieto assoluto.

Ma il regolamento partorito dal Pd, almeno ufficialmente, non è definitivo. Adesso dovrà essere sottoposto al confronto con gli altri partiti e gruppi che si ispirano al centrosinistra. Anche se i tempi sono piuttosto stretti, la macchina è in piena corsa e per molti potrebbe apparire come un menù fisso già deciso da altri.

All’assemblea cittadina non sono mancate le critiche proprio sulla tempistica, soprattutto tra quelli che non hanno gradito affatto lo slittamento della tempistica delle primarie a dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre. Un’accusa che non tocca però il segretario cittadino Lorenzo Lavagetto, che da mesi si batte per dare una scossa ai vertici del partito. “L’importante è dare a tutti la possibilità di partecipare perché questa città ha bisogno di guardare avanti e non al passato”, ha però detto Lavagetto in assemblea per cercare di chiudere la pagina delle critiche. L’obiettivo, insomma, sarà “costruire un’alternativa” per Parma.

Il segretario provinciale del Pd, Gianpaolo Serpagli, che in questo mesi sullo strumento delle primarie si è prima dimostrato tra il tiepido e il freddo, auspicando dopo una candidatura civica come unica soluzione per vincere a Parma, ha indicato all’assemblea i temi più sentiti dai cittadini da sottoporre in maniera chiara agli elettori che andranno alle primarie: sicurezza, welfare, infrastrutture, politiche economiche. Insomma, un programma a 360 gradi per indicare la via che il centrosinistra dovrà seguire in caso di vittoria alle amministrative.

Ma più che passi avanti, in queste prime ore, il Pd di Parma ha dovuto registrare passi indietro. Quelli dell’unico esponente del centrosinistra che aveva dato la sua disponibilità a correre in un confronto interno alla coalizione: l’avvocato Massimo Rutigliano. Con grande coerenza, l’ex assessore della giunta Lavagetto – l’ultima con i colori della sinistra a Parma – ha annunciato all’assemblea di non essere più disponibile. Lo aveva detto ed è stato di parola: candidature prima del referendum o mi ritiro. E così è stato. Rutigliano ha attaccato duramente quei “personalismi che hanno ritardato il percorso delle primarie”, messo tutti davanti al rischio di “sonore sconfitte” a causa dei ritardi, ma soprattutto del metodo: “Se continuiamo così, non meritiamo di tornare a governare la città”.

Nicola Dall’Olio, capogruppo in consiglio comunale e certamente uno dei candidati in corsa per la candidatura a sindaco, ha provato a spegnere le fiamme sostenendo che già da subito “chi si vuole mettere in gioco può farlo, andando fra la gente”. Messaggio che non ha toccato però le corde di tutti. C’è stato poi chi ha chiesto di sbarrare le porte a chi – sia pur civico – ha avuto esperienze nelle amministrazioni precedenti. Più concreto il consigliere regionale Alessandro Cardinali che ha indicato come via maestra la definizione di un programma elettorale con “cinque o sei punti comprensibile agli elettori”, oltre a ribadire che le primarie non devono dividere ma unire gli sconfitti al vincitore per correre insieme nella vera campagna elettorale. Principio che sarebbe scontato, ma in certi casi è bene ricordarlo perché è tutt’altro che scontato. Principio sostanzialmente ribadito dalla deputata Patrizia Maestri, mentre Giuseppe Romanini ha auspicato l’allargamento della coalizione. Infine, il senatore Giorgio Pagliari – uno dei più freddi verso le primarie almeno nella prima fase e da molti indicato come il candidato sindaco gradito ai vertici del partito – secondo cui “le primarie non possono essere un cavallo di Troia” ma il sigillo su un programma politico chiaro che sia di netta rottura con il passato.

Da sottolineare la posizione più che critica dell’avvocato Maurizio Cacciani – favorevole alle “primarie aperte, ampie e il più possibile lunghe” – che ha giudicato “pessimo” il regolamento partorito dal Pd. “Un brutto regolamento intanto come impostazione politica, nel senso che contraddice l’idea delle primarie il più possibile aperte e condivise, e che parte da un presupposto che non posso accettare: cioè che il nostro partito non sia in grado di esprimere delle candidature che possano raccogliere il consenso della società civile e che si debba invece guardare ai cosiddetti civici per ottenere questo”.

L’assemblea cittadina ha partorito dunque il percorso per la scelta dal basso del candidato sindaco. Ma c’è anche chi teme si tratti di un percorso segnato verso una direzione precisa. Senza nulla togliere alla persona, qualcuno teme sia questa la strada che alla fine porterà alla legittimazione popolare di Paolo Scarpa, ex presidente del Circolo Il Borgo, promotore di un manifesto che raccoglie già – in maniera più che trasversale – le adesioni di rappresentanti della sinistra, dello stesso Pd, ma anche di “civici” con un passato in altre amministrazione che più di qualcuno, nel partito, non vorrebbe trovarsi accanto. Se sono rose sicuramente fioriranno, ma non potranno non avere spine.

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