Per loro erano soltanto “gagi” (stranieri) o peggio ancora “bastardi”, in realtà si trattava di persone anziane, sole e spesso non del tutto capaci di intendere, da raggirare con false promesse amorose o con finti aiuti presso banche e istituti pubblici. In pochissimo tempo le vittime – tutte residenti nel piacentino – sono state alleggerite di somme variabili dai 20 agli 80mila euro. I risparmi di una vita finiti in fumo per inseguire un sogno o anche solo per potersi illudere di non essere più soli.
Le intercettazioni
Ma le Squadre mobili di Parma e Piacenza hanno chiuso il cerchio attorno alla banda di ex nomadi “sinti”, composta da cinque donne – tutte tra i 31 e i 42 anni – e da tre loro parenti, tutti accusati ora a vario titolo di circonvenzione di incapace e truffa a danno di anziani. Per le 5 donne all’alba di oggi – su ordine del gip Giuseppe Bersani, che ha condiviso le indagini coordinate dal pm Roberto Fontana della Procura di Piacenza – sono scattate le manette, mentre per gli altri tre indagati – le cui abitazioni sono state perquisite da cima a fondo dagli agenti – è arrivata solo una denuncia a piede libero.
Tutto è partito dalla segnalazione di due dipendenti postali insospettite evidentemente dai movimenti anomali sui conti correnti degli anziani. La Squadra mobile ha quindi avviato una serie di accertamenti sulla presunta circonvenzione nei confronti di un uomo anziano, ma l’inchiesta si è ben presto allargata. Tanto da impegnare gli agenti per circa 6 mesi, dal novembre 2015 al maggio 2016, nel far luce su altri casi simili che hanno visto coinvolti altri tre pensionati piacentini.
La banda sceglieva bene le vittime da raggirare: persone per bene, sposati o vedovi, pensionati e, in conseguenza dell’età avanzata, sofferenti di un profondo quanto reale senso di solitudine. Nel corso dell’attività d’intercettazione è emerso in particolare che le donne conquistavano le vittime con il loro comportamento ammaliante e premuroso. Con modi ammiccanti e false promesse conquistavano facilmente la fiducia delle loro prede le quali, una volta cadute nella rete della falsa amicizia o dell’amore fittizio, dovevano fronteggiare continue richieste di denaro in cambio di promesse mai mantenute.
Altre volte, quando le vittime si dimostravano meno collaborative, le donne aggiravano l’ostacolo spacciandosi per avvocatesse o impiegate di banca desiderose di aiutarli, ma ovviamente sempre dietro compenso economico. In realtà, finivano truffati come gli altri. In un lasso di tempo ristretto, le vittime si sono ritrovate con conti in banca prosciugati (dalle 20 alle 80 mila euro in meno per ognuno) e con profondi sensi colpa, nonché con la vergogna nel dover nascondere la verità ad amici e parenti. La banda è così riuscita a racimolare in poco tempo almeno 150mila euro.
Una delle 5 donne arrestate è residente a Parma, dove è stata arrestata dagli investigatori della Sezione Antirapine della Squadra mobile di Parma, che l’hanno rintracciata presso la sua abitazione nell’immediata periferia cittadina.